sabato 29 agosto 2015

Repubblica 29.8.15
I duellanti della sinistra
di Stefano Folli


L’EUROPA è a un passo dal perdere se stessa, non sapendo come gestire l’immigrazione.
LO certificano grandi giornali internazionali, come il NewYork Times , che vedono Italia e Grecia abbandonate a se stesse. Altri pensano che in Germania stia cambiando qualcosa e non per i morti in mare davanti alle coste libiche, bensì per le stragi nei camion alle frontiere terrestri dell’Unione. Di certo si avvicina il momento della verità per gli europei, ma chi deve ridefinire la propria identità per dare risposte non convenzionali alle sfide estreme di oggi è soprattutto la sinistra. Una sinistra debole nelle varie realtà nazionali e asfittica anche nel contenitore del Partito Socialista Europeo, a cui aderisce il Pd.
Il tema dell’identità è stato riproposto mille volte, anche in modo lezioso, ma l’attualità s’incarica di renderlo drammatico e tutt’altro che astratto. Da ultimo ne ha parlato Massimo D’Alema alla festa dell’Unità, non più in veste di politico in prima linea ma di “studioso”, ossia di vecchio saggio che dispensa consigli. Ovvio che la realtà è più increspata. D’Alema nasconde a malapena la disistima e il rancore verso Renzi, tuttavia le questioni che egli pone — spesso con i toni sbagliati — non sono fuori luogo e in fondo il presidente del Consiglio, nonché segretario del partito, avrebbe interesse a prestare orecchio. Invece la polemica è aspra e inconcludente da entrambe le parti. È fin troppo chiaro che D’Alema ha torto quando fa un gioco di prestigio verbale sui dati elettorali dell’attuale premier. Renzi “ha perso due milioni di voti”? In realtà li avrebbe persi in modo virtuale rispetto al 40,8 per cento delle europee; e solo se si dà credito ai sondaggi di fine estate, per loro natura aleatori. Al momento il presidente del Consiglio risulta aver guadagnato circa il 15 per cento a livello nazionale rispetto al dato di Bersani nel 2013. Certo, non è sempre corretto confrontare le politiche con le europee e si deve tener conto quanto meno dell’astensione. Ma la politica si fa con i voti, quando si riesce a prenderli. Se poi Renzi retrocederà rispetto al suo 40 per cento, verrà contestato: ma solo dopo aver contato i voti reali. Questo nodo polemico ha indebolito le tesi di D’Alema, ma non ha del tutto offuscato il punto centrale che merita attenzione. Il centrosinistra europeo, di cui il nucleo italiano è parte essenziale, è ancora in grado di distinguersi dai conservatori? Le politiche economiche negli anni dell’austerità e ora la disfatta costante sull’immigrazione sembrano dire che le differenze tendono a evaporare. L’Europa di Angela Merkel esprime da tempo una chiara egemonia del centrodestra. Se poi la Germania nel prossimo futuro dovesse modificare la sua linea sui migranti clandestini, questo accadrà per i poveri morti in Austria e non certo per le sollecitazioni della sinistra continentale.
D’Alema appartiene senza dubbio al passato politico del nostro paese e secondo molti incarna il volto perdente del centrosinistra. Ma ciò non toglie valore al suo richiamo culturale prima che politico. La sinistra deve conquistare tutti i voti necessari per governare, ma non può eccedere in pragmatismo perché altrimenti farà il gioco del fronte avversario e non sarà in grado di fronteggiare in modo efficace né i conservatori né i nuovi populisti diffusi ormai in tutta l’Unione. In altri termini, la sinistra europea ha il dovere di incarnare un’alternativa concreta al malessere e alle paure dei nostri tempi. Altrimenti saranno i populisti e i neonazionalisti a dare la loro risposta, che sarà distruttiva per i socialdemocratici e anche per chi sogna una “ terza via” laburista alla Tony Blair. Qui finisce D’Alema, oggi colpito dalla vitalità degli spagnoli di Podemos e non certo da Syriza. Renzi può ironizzare sui difetti del suo predecessore, ma il futuro del centrosinistra europeo riguarda anche lui, anzi soprattutto lui.