venerdì 28 agosto 2015

Repubblica 28.8.15
Fabrice Leggeri, capo di Frontex
“Questa crisi durerà per anni costruire muri non serve a nulla”
intervista  di Jean.Jacques Mével


PARIGI. Direttore di Frontex, l’agenzia europea per la sorveglianza delle frontiere, Fabrice Leggeri reclama una maggiore collaborazione dell’Ue per aiutare sul campo gli Stati membri in difficoltà di fronte al problema dei migranti.
I numeri sono vertiginosi, le tragedie si moltiplicano. La questione dei migranti è sfuggita al controllo dell’Europa?
«Le cifre le conoscete. Fra gennaio e luglio l’Unione Europea ha registrato 340mila ingressi irregolari, un aumento del 175%. Le ragioni sono geopolitiche: la guerra in Siria, l’espansione dello Stato islamico in Iraq e più in generale la destabilizzazione del Medio Oriente. Sono queste cose che spingono queste persone, che sono dei rifugiati, dei potenziali richiedenti asilo, a mettersi in viaggio. La situazione richiede azioni di altra natura da parte dell’Europa. A cominciare da una maggiore collaborazione all’interno dell’Unione per aiutare sul campo gli Stati membri in difficoltà.
Come?
«La priorità deve andare all’installazione effettiva di centri di registrazione (hot spots), come a Catania e fra poco al Pireo, in Grecia. In questi centri lo Stato membro riceve l’aiuto operativo congiunto di Frontex e di altre agenzie per l’esame, la raccolta delle impronte digitali, l’identificazione dei nuovi arrivati, e anche per il contrasto alla criminalità organizzata e alle reti di trafficanti. È questa operazione di scrematura che consente di separare i richiedenti asilo dai semplici immigrati irregolari, che dovranno essere “allontanati”, vale a dire rispediti
nel loro Paese».
I paesi d’arrivo accetteranno questi centri solo se passerà il principio di una suddivisione ulteriore dei profughi con gli altri Stati dell’Ue. Teme l’ognun per sé?
«Nell’Ue, ogni Stato è sovrano e controlla la sua frontiera. L’esperienza insegna che quando si costruiscono delle barriere il traffico non si esaurisce, semplicemente devia. Le cause persistono: la situazione politica in Medio Oriente e l’assenza di prospettive di sviluppo in Africa. Sono elementi strutturali destinati a perdurare, e forse anche ad aggravarsi. Una chiusura permette di ridurre momentaneamente la pressione su uno Stato. Ma i profughi finiranno sempre per aggirarla».
A Bruxelles, a Berlino o a Parigi ci sono politici e alti funzionari che dicono che ormai siamo di fronte alla sfida di una generazione.
«Non è una situazione che durerà sei mesi, e neanche pochi anni. Il mio mandato scadrà nel 2020 e l’unica previsione ragionevole che posso fare è che l’attività di Frontex continuerà a espandersi. In primavera il budget di Frontex è stato triplicato, le ultime cifre ci spingeranno probabilmente a cambiare modello. È in corso una riflessione sulla gestione integrata delle frontiere dell’Unione. Com’è spesso successo, è una crisi che spinge l’Europa a cambiare.
(© Le Figaro / Lena, Leading European Newspaper Alliance. Traduzione di Fabio Galimberti)