venerdì 28 agosto 2015

Corriere 28.8.15
Ora la rotta balcanica spazza via le ipocrisie Ue
di Francesco Battistini


D agli scafisti magrebini nel Canale di Sicilia ai terroristi balcanici sull’A4 Budapest-Vienna. Dalle carrette del mare agli autocarri del male. Ben svegliata, Europa. Aspettando d’aprire il cuore e il portafoglio, intanto apre i camion: pieni di cadaveri. Merkel se li è visti recapitare quasi sotto casa, mentre riuniva i ministri dei Balcani qualche chilometro più in là della piazzola austriaca di Parndorf, e in conferenza stampa s’è detta sconvolta. Spirito di solidarietà, raccomanda ora. E spirito europeo. E soluzioni rapide: più o meno quel che l’Italia, la Grecia, la Spagna, Malta chiedono da anni. «Il problema di questi profughi ce l’avete voi dentro l’Europa — dice a brutto muso il ministro serbo degli Esteri, Dacic — e pretendete che ve lo risolviamo noi alle porte dell’Europa?».
Vero: in due mesi, le richieste d’asilo alla Macedonia sono state 49 su 48 mila; alla Serbia, otto su 90 mila. Ma in fondo la stessa questione retorica può porla l’indebitato Sud al ricco Nord creditore: questi disperati vogliono andare dov’è il benessere, perché non condividerne il peso? Non ha torto il governo ungherese, che pure erige muri e sguinzaglia i dobermann, pronto a scatenare l’isteria razzista dei suoi elettori, a protestare quando Bruxelles non gli sgancia un euro di sostegno.
Il sistema d’asilo Ue, disegnato a Dublino, si sta rivelando una diga inefficace davanti a fiumi umani che non si vedevano dal crollo del Muro, forse dalla Seconda guerra mondiale. Ogni Stato deve fare la sua parte, raccomanda l’Alto commissario Onu. Finora si vede ognuno fare per sé: lo scarico del migrante è una garanzia di rielezione e una forma di pressione sul fastidioso vicino (la Turchia sulla Grecia, la Grecia sulla Macedonia, la Macedonia sulla Serbia…).
La «nuova» rotta balcanica spazza via le ipocrisie. Costringe a capire che sulla stessa barca, in quest’emergenza, non stanno solo i poveracci del Mediterraneo: dal confine russo, e in bicicletta, un gruppetto di siriani è riuscito ad arrivare perfino in Norvegia (che non è nemmeno Ue). Non è più tempo di celebrare con le fanfare l’arrivo dei Gastarbeiter, i lavoratori ospiti, come si faceva nella Germania di Erhard. Ma ormai nessuno può chiamarsi fuori. E Realpolitik consiglia di ricordare sempre la poesia del migrante: «Per altra terra andrò, per altro mare, un’altra città migliore di questa ci sarà». Lo sa Merkel chi la scrisse? Il poeta Kavafis. Un greco.