venerdì 28 agosto 2015

il manifesto 28.8.15
Bruxelles cerca una nuova politica
Rivedere Dublino e il diritto di asilo
di Carlo Lania


ROMA Settembre potrebbe essere il mese decisivo per l’Unione europea per cambiare rotta sull’immigrazione. «Troveremo il modo di distribuire il carico e le sfide in modo equo» ha detto ieri Angela Merkel, e le parole della cancelliera tedesca più che un invito sono sembrate indicare la nuova direzione da seguire. L’alternativa, per l’Europa, è quella di essere travolta dall’onda sempre più imponente di profughi in arrivo sia dal Mediterraneo che via terra lungo la rotta dei Balcani occidentali.
Quattro gli obiettivi principale da raggiungere: ripristinare l’obbligatorietà per i 28 di prendere una quota di richiedenti asilo, principio previsto a maggio dalla Commissione europea ma boicottato dai Paesi del Nord che sono riusciti a imporre la volontarietà; alzare il numero dei profughi siriani ed eritrei da ricollocare (inizialmente 40 mila tra Italia e Grecia, poi scesi a 35 mila) e avviare una discussione che porti a una normativa comune sul diritto di asilo. Ma, soprattutto, arrivare finalmente a una revisione del regolamento di Dublino che oggi obbliga i migranti a stare nel primo paese in cui sbarcano. Una cosa che l’Italia chiede da mesi ma che adesso vuole anche la Germania al punto da averlo già sospeso temporaneamente per i siriani.
Seppure ancora labili, le possibilità perché si arrivi finalmente a una svolta ci sono. Oltre a Germania e Italia, sostengono le quattro richieste anche Francia e Grecia, ma non è escluso che si accodi anche l’Ungheria, sotto pressione in questi giorni proprio per il forte flusso di richiedenti asilo alla frontiera con la Serbia. E in futuro, passata la tornata elettorale in cui alcuni Paesi sono impegnati nel prossimo autunno-inverso, l’elenco potrebbe allungarsi. «L’Europa è un continente ricco ed è in grado di affrontare questo problema», ha aggiunto la Merkel
A questo blocco di Paesi va poi aggiunta la Commissione europea il cui residente Jean Claude Juncker si è battuto per mettere mano a Dublino e perché i 28 si assumessero quote di profughi. Ieri Juncker ha replicato a quanti accusano la commissione di non aver fatto molto per risolvere la crisi dei migranti: «Alcuni ministri di Stati membri ci criticano per una nostra inattività, Ma sono critiche ingiustificate — ha detto -. La colpa va data agli Stati membri, non alla commissione che ha presentato la sua Agenda sull’immigrazione a maggio».
Il fatto è che da maggio a oggi è cambiato tutto. La pressione dei profughi alle frontiere europee è sempre più forte e coinvolge sempre più Paesi. Come i sei Paesi del Balcani occidentali, che ieri hanno tenuto a Vienna un vertice al quale hanno partecipato anche Italia, Germania, Austria Croazia e Slovenia nel quale nel quale alla Ue di mettere a punto un piano d’azione in grado di rispondere alla crisi di queste settimane.