venerdì 21 agosto 2015

Il Sole Domenica 2.8.15
Lo spaziotempo: un vicolo cieco
di Arnaldo Benini


Due anni fa col libro The Time Reborn, beststeller nei paesi anglofoni nonostante la difficoltà del testo, Lee Smolin, l’illustre fisico quantistico fondatore del Perimeter Institute, grande centro di ricerca di fisica teorica vicino a Toronto, bad boy della fisica e della cosmologia contemporanee - al solo nome del quale molti suoi colleghi, ha scritto Caspar Henderson nel The Guardian (06.02.2015), sono presi dallo sconforto - lanciò un attacco frontale alla sua disciplina per aver escluso il tempo dalla natura e per perseverare nell’illusione del tempo come quarta dimensione dello spazio e in quella dell’irrealtà del presente (cfr. Il Sole24Ore 05.10.14). La fisica selezionerebbe frammenti dell’universo in subsistemi e si perderebbe in drastiche approssimazioni della realtà, vittima di un’autoreferenzialità che l’avrebbe portata ad un vicolo cieco. L’errore capitale, a partire da Einstein, sostiene l’iconoclasta Smolin, è la negazione del tempo, sostenuta non con lo studio della realtà ma con i risultati di equazioni. Il tempo non solo è reale, ma è l’esperienza che più ci avvicina al cuore della natura. Se la fisica vuol uscire dalla box, dalla scatola, in cui si è chiusa da decenni studiando fenomeni piccoli e locali, e rioccuparsi dei problemi fondamentali della cosmologia e della realtà, deve reintrodurre nella visione delle cose il tempo come dimensione essenziale.
Per le neuroscienze cognitive, che da anni studiano i meccanismi nervosi del tempo, esso non era mai sparito. Per quanto la sua natura sia elusiva, la realtà del tempo, per le neuroscienze, è il prodotto dei meccanismi nervosi che lo creano e lo trasmettono da una generazione all’altra. Per Lee Smolin e Roberto M. Unger, filosofo brasiliano della politica ad Harward, che dal 2007 al 2009 è stato ministro di Lula da Silva in Brasile, il tempo esiste, anche se non ne cercano l’origine e la natura. Sulla realtà del tempo hanno scritto un poderoso volume, frutto di otto anni di discussioni. Non è un libro a quattro mani, ma son due libri stampati assieme. Dal momento che gli autori concordano quasi su tutto, si leggono spesso due volte le stesse cose. Il punto fondamentale della loro posizione è che la scienza ha dimostrato, al di là d’ogni dubbio, che l’universo, e tutto ciò che è nell’universo, hanno una storia irreversibile e che quindi le leggi di natura (che sono leggi di causa ed effetto), essendo nel tempo, sono stabili ma non immutabili. Esse sono, come tutto nell’universo, caratteristiche del presente, e possono cambiare, anche se ciò avviene raramente. Se fossero immutabili, l’universo non sarebbe sorto, perché la sua origine è stata una modificazione della realtà e delle sue leggi. Prima che strutturale, la cosmologia dovrebbe essere una scienza storica. A conferma del tempo, dice Unger, abbiamo tutte le ragioni di credere che il presente dell’universo sia diverso da quello iniziale. L’emergere del nuovo è un evento che si ripete nella storia dell'universo, e non solo della natura vivente.
Lo sviluppo delle scienze è una delle testimonianze del tempo. Tutto cambia, anche il cambiamento e il tempo. La preminenza del divenire sull’essere è universale. Il tempo è reale, e non emerge da alcun altro aspetto della natura, nemmeno dallo spazio. Anche se Smolin e Unger sottolineano che la concezione del tempo determina la visione fondamentale della natura e ribadiscono più volte la reality of time come la più reale del mondo, non si chiedono in che cosa essa consista. Ne parlano come di un attributo astratto dell’universo, senza considerare che il modo di essere di questa dimensione della realtà dipende dall’organo che la crea, cioè dai sistemi nervosi dell’uomo e degli altri esseri viventi con senso del tempo. Al tempo è attribuito da Unger e Smolin, giustamente, il senso della causalità, che presuppone un prima e un poi. Senza il senso del tempo, causa ed effetto sarebbero simultanei, e le leggi di natura, che per la causalità sono espresse in equazioni matematiche, non esisterebbero. Non si considera però che i meccanismi nervosi della flessibilità del tempo condizionano la percezione delle relazioni causali. Il tempo e lo spazio sono per Unger e Smolin ordinatori di eventi, e non entità a sé, ignorando che il senso del tempo è presente anche nell’assenza di eventi della coscienza, come nel sonno. È giusto sostenere che il tempo è un attributo reale dell’universo, ma ciò in quanto il sistema nervoso che lo crea fa parte dell’universo. L’evoluzione ha selezionato il meccanismo nervoso del tempo che consente alla coscienza di ordinare la successione della realtà. È verosimile che sia emerso il meccanismo più idoneo alla vita. Smolin ha il merito di rimettere la realtà del tempo fra gli attributi fondamentali della natura e Unger, senza aggiungere nulla di sostanziale, gli fornisce un quadro normativo per certi aspetti molto astratto. Entrambi dicono che la scienza deve occuparsi di ciò che è abbordabile su base razionale, tralasciando gli universi fuori dai nostri orizzonti. L’universo che abbiamo a disposizione è unico, con leggi che evolvono nel tempo reale. Del quale non si chiedono che cosa sia e da dove venga, anche se il tempo è oggetto da decenni della ricerca scientifica.
ajb@bluewin.ch
Roberto Mangabeira Unger, Lee Smolin The Singular Universe And The Reality Of Time A Proposal in Natural Philosophy, Cambridge University Press, Cambridge,
pagg. 544, € 32,00