venerdì 21 agosto 2015

Il Sole Domenica 2.8.15
Fisici in giallo
Un intrigo quantistico
di Vincenzo Fano


È possibile affrontare questioni scientifico-filosofiche profonde scrivendo un giallo? Per rispondere facciamo un passo indietro. Secondo Platone il tempo è «l’immagine mobile dell’eternità»; ovverosia il tempo viene prima di ciò che accade. Tutti gli eventi si svolgono appunto nel tempo. Per Aristotele, invece, il tempo è il «numero del movimento secondo il precedente e il successivo» in altre parole, il movimento determina lo scorrere del tempo. Chi ha colto nel segno? Esiste un tempo assoluto all’interno del quale si dispiega l’universo, oppure il tempo è solo una caratteristica emergente determinata dalla dinamica dei sistemi fisici? L’esperienza darebbe ragione ad Aristotele, poiché la percezione del tempo sembra dipendere dall’avvicendarsi dei vissuti e delle sensazioni. Ad esempio, durante una piacevole conversazione il tempo scorre veloce, mentre in fila alle poste per ritirare una raccomandata fluisce lento. Eppure la fisica moderna, fondata da Galilei e sviluppata da Newton, ha abbracciato l’impostazione di Platone. Dice infatti il fisico inglese nei Principia: «Il tempo assoluto, vero, matematico, in sé e per sua natura senza relazione ad alcunché di esterno, scorre uniformemente». Einstein nel 1905 ha scoperto che le cose non stanno proprio così, dato che in relatività ristretta il tempo procede a velocità differenti a seconda dello stato di moto. Anche il campo gravitazionale può influenzare il ritmo del tempo, come si deduce dalla relatività generale e come è confermato empiricamente. Così nel Novecento filosofi importanti come Hans Reichenbach, uno dei padri del Neopositivismo, hanno riproposto quella che è stata chiamata la «teoria causale del tempo», cioè l’ipotesi che il tempo non sia la cornice all’interno della quale si svolgono gli eventi del mondo, ma al contrario che l’ordine di questi eventi determina la struttura del tempo. Di fatto un ritorno ad Aristotele, contro Platone. Il dibattito è ancora aperto.
Un’idea simile a quella di Aristotele e Reichenbach gioca un ruolo centrale nel divertente giallo quantistico ambientato al Cern di Ginevra scritto dal grande matematico Alain Connes, dal suo maestro Jaques Dixmier e dalla moglie Danye Chéreau. L’affascinante teorico Armand (alter ego di Connes) incontra la bella e intelligente fisica sperimentale Charlotte e le racconta la sua teoria del tempo, che ha elaborato assieme a Carlo Illvero (alter ego del nostro Carlo Rovelli), secondo la quale il tempo non è una variabile indipendente, ma emerge dalla dinamica parzialmente casuale dei sistemi quantistici, mediante una complessa procedura matematica (basata sull’approccio algebrico alla fisica). In effetti Connes e Rovelli hanno scritto assieme uno splendido articolo su questa tema nel 1994.
Più che la vita emotiva (anche quella però), la riflessione teorica e sperimentale di Charlotte viene profondamente influenzata dall’incontro con Armand, tanto che la protagonista poco dopo si inoltrerà lungo un pericoloso viaggio dove il tempo cederà il passo ai moti caotici e ordinati a un tempo delle particelle.
Per chi è appassionato di conoscenza il libro si legge con incontinente voracità. E il filosofo gioisce all’idea che finalmente i fisici teorici si sono «accorti» di quello che i seguaci di Aristotele hanno sempre saputo, cioè che il tempo non è una variabile indipendente (lo avevano detto Berkeley e Leibniz a Newton, lo aveva ribadito Mach, da cui Einstein trae ispirazione). La lunga parentesi platonica forse è terminata. È vero che a volte l’esperienza sensibile inganna: in effetti è più ragionevole affermare che la Terra gira attorno al Sole piuttosto che l’inverso suggerito dai sensi. Ma già Democrito, uno dei primi grandi fisici teorici, ammoniva «Opinione è il colore, opinione il dolce, opinione l’amaro, verità gli atomi e il vuoto […] Oh, misera ragione, tu, che attingi da noi [i sensi] tutte le tue prove, tenti di abbatterci? Il tuo successo significherebbe la tua rovina». Può quindi essere che nel caso del tempo i sensi abbiano la meglio, ovvero ciò che accade determina il fluire del tempo e non viceversa; il tempo dunque non è la cornice assoluta degli eventi, come per lunghi secoli si è creduto.
Alain Connes, Danye Chéreau, Jacques Dixmier, La punta dell’ago, Carocci, Roma, pagg. 160, € 15,00