venerdì 21 agosto 2015

Il Sole Domenica 26.7.15
Repertori iconografici
Sant’Agostino e i suoi occhiali
di Carlo Carena


Quella di sant’Agostino è, assieme a quella di san Paolo, l’esperienza più straordinaria e più umana fra i santi. Documentata senza pudori e reticenze bigotte nell’autobiografia delle Confessioni, comprende tutto nelle sue circostanze: nascita a Tagaste in Tunisia, una fanciullezza vivace, studi completi, trasferimento a Roma e poi a Milano con la madre, una concubina e un figlio, insegnamento brillante di retorica; e finalmente l’incontro con sant’Ambrogio, la crisi interiore, il distacco dal mondo, il ritorno con gli amici da Ostia in Africa e lì il vescovado di Ippona, la morte nel 430 entro la città assediata dai Vandali.
Questo canovaccio e la miriade di episodi intercalati, autentici o poi leggendari, fu una miniera non solo per l’agiografia e per l’apologetica ma anche per l’arte. Agostino è fra i santi più dipinti e la sua figura e la sua vita documentate (e ce n’è abbastanza) o immaginate (non basta mai) si snodano nella pittura e scultura dai primi secoli in poi con ricchezza straordinaria e splendidi risultati. Alessandro Cosma, docente alla Sapienza, e Gianni Pittiglio, del Ministero dei Beni Culturali, si sono avventurati su quel percorso in una serie di splendidi tomi che stanno affiancando l’edizione dell’opera omnia del sommo teologo presso l’editrice Città Nuova. Dopo quello fino al Trecento, del 2011, escono ora i due tomi, ponderosi e un po’ anche macchinosi, relativi al secolo innovatore, il Quattrocento. Nuovo stile e novità iconografiche che ebbero un séguito importante o si persero per via.
Una ricerca impressionante, con un attrezzato drappello di collaboratori, senza risparmio di dati e di fatiche. Dopo una serie di saggi introduttivi che analizzano questa evoluzione, ci si inoltra in una selezione ed esame di 125 opere; la mappatura poi eseguita e documentata nel secondo tomo ascende a 750 opere fisse o mobili sparse per tutto il mondo, quasi la metà in Italia. Ma in un’appendice Oltre il corpus: per continuare la ricerca ne sono schedate altre centinaia fin nei più sperduti villaggi di tutta l’Europa. Quasi tutti i genî pittorici del Quattrocento partecipano a questa vicenda stimolante. Il santo appare nelle grandi pale in grevi abiti episcopali con i tre colleghi dotti Gerolamo, Ambrogio, Gregorio; più divertente che altrove in foggia di giovanotto intento a leggere con le gambe incrociate e un bel paio di occhiali a pince-nez in una tempera del Maestro di Grossgmain al Belvedere di Vienna. Mentre più ricco e solenne appare entro una miniatura fiamminga di una Bibbia vulgata, disputante in un altro quartetto assieme ad Alberto Magno con Aristotele in cappa e cuffia rosse e Averroè in perfetto profilo arabo. E mentre i quattro discutono di enti e creazione, il libro che Agostino regge fra le mani è quello delle Confessioni aperte nel celebre esordio, che tutto dirime, Fecisti nos ad Te et inquietum est cor nostrum donec requiescat in Te.
L’episodio biografico più ripreso è quello del giovane pensatore o santo attempato che mentre in riva al mare si arrovella per spiegarsi e spiegare razionalmente il mistero trinitario, scorge ai suoi piedi un bimbo che con un cucchiaio cerca di travasare entro una buca tutta l’acqua del mare: impresa inane e assurda tanto quanto la sua. Il culmine è qui raggiunto nelle raffigurazioni date da Pinturicchio o da Botticelli in due predelle rispettivamente alla Galleria Nazionale di Perugia e agli Uffizi.
Quanto ai cicli, il più ampio e mirabile è indubbiamente quello degli affreschi di Benozzo Gozzoli nel coro della chiesa di Sant’Agostino a San Gimignano (1464-1465), con una ventina di scene più principesche che monacali, da Agostino scolaretto alle sue esequie, inquadrate in squisite piazze rinascimentali o sui deliziosi colli toscani. Ma anche il ciclo di Ottavio Nelli nell’altro coro della chiesa di Sant’Agostino a Gubbio non è da meno. I temi sono pressoché i medesimi, ma la messinscena è più fresca e arcaica, il cromatismo più forte, l’effetto più immediato. In tema di primati, un altro non è meno appassionante. Come si sa, la biografia agostiniana è documentata, oltreché dalle sue confessioni, da una breve biografia del discepolo Possidio; e più tardi sopraggiunge un apposito prontuario, il Metrum pro depingenda vita sancti Augustini di Giordano di Sassonia (manoscritto alla Bibliothèque Nationale, sec. XV). È così che in tre codici anonimi provenienti da Costanza sono tratteggiate più di 100 scene, dal matrimonio dei genitori Monica e Patrizio a tre vigorosi operai che inchiodano a sonori colpi di martello l’arca della sepoltura del santo in San Pietro in Ciel d’Oro a Pavia, dove monaci e sovrani poi lo venerano.
I ritratti più umani e perciò emozionanti sono decisamente, come in un dittico ideale, quello di Giusto di Gand, già fra gli Uomini Illustri delle 28 tavole nello studiolo di Federico di Montefeltro a Urbino e ora al Louvre: un giovane vescovo imberbe e triste con una mano e gli occhi sofferenti rivolti al cielo lontano; e la tempera su tavola di Antonello alla Galleria di Palermo: un vecchio dolce con gli occhi piccoli e la barba soffice che legge da solo finalmente in pace.
Alessandro Cosma - Gianni Pittiglio, Iconografia agostiniana. Il Quattrocento , primo tomo (saggi e schede) e secondo tomo (il corpus), pag. 612 e pag. 429, Città Nuova, Roma, € 120 e € 85,00