venerdì 21 agosto 2015

Il Sole Domenica 19.7.15
Vasilij Semënovich Grossman (1905-1964)
L’Armata rossa senza filtri
Pubblicati gli straordinari taccuini sulla guerra dal ’41 al ’45 quando lo scrittore ucraino era inviato al fronte
di Francesco M. Cataluccio


Quando, nell’estate del 1941, la Germania invase l’Unione Sovietica (rompendo il Patto Ribbentrop-Molotov grazie al quale si erano, tra l’altro, spartiti la Polonia), Vasilij Semënovi? Grossman (1905-1964) era un ingegnere ucraino di origine ebraica che, negli anni Trenta, era diventato uno scrittore e aveva pubblicato due romanzi in puro stile staliniano, seppur non privi di valori letterari. Era scampato miracolosamente alle persecuzioni che colpirono i tecnici e gli intellettuali, anche perché, a differenza, ad esempio, di Michail A. Bulgakov, aveva creduto nel comunismo pur non essendosi mai iscritto al Partito, e fatto parte della nomenklatura intellettuale sovietica. Con grande slancio patriottico Grossman si offrì volontario per partire in guerra, ma fu scartato per inadeguatezza fisica. Riuscì però a farsi arruolare come corrispondente di guerra per «Stella Rossa», il quotidiano ufficiale dell’Armata Rossa. Le foto dell’epoca ce lo mostrano come un uomo non più giovane, con l’aria malinconica e miope, accentuata dagli occhialini tondi un po’ sghimbesci, infagottato in una divisa militare, della quale andava molto orgoglioso.
Il volume Uno scrittore in guerra (2015), basato sui taccuini di guerra, articoli, saggi conservati negli Archivi, lettere alla figlia e al figliastro, non è propriamente un libro di Grossman. Infatti i curatori Antony Beevor e Luba Vinogradova hanno montato sapientemente gli scritti, editi e inediti, di Grossman mentre era corrispondente di guerra, tra il 1941 e il 1945. Ne risulta un libro molto bello: il racconto biografico e polifonico di una guerra tremenda ed eroica, un’alternanza continua di dolori, orrore e gioie, illusioni e disincanto. Un’opera che ci permette di ricostruire, al di là della retorica, la “Grande guerra patriottica” sovietica: l’esperienza umana fondamentale nella vita di Grossman (come di moltissimi sovietici). Da essa prese avvio la sua presa di coscienza critica e un percorso letterario che farà di Grossman uno dei più grandi scrittori russi di tutti i tempi e un lucido accusatore degli orrori dello stalinismo e dell’antisemitismo.
Dopo la fine della guerra, riavutosi da un grave esaurimento nervoso, Grossman riprese in mano il materiale raccolto e scritto, solo in piccola parte pubblicato quando si trovava al fronte, e iniziò a scrivere una trilogia unitaria (questo spiega perché le prime cento pagine della seconda parte, Vita e destino, sono per il lettore così faticose, alcune figure così oscure e il finale appaia tronco: in mancanza della traduzione italiana del primo volume, si consiglia, per orientarsi, di leggere prima proprio Uno scrittore in guerra e poi, su internet, issuu.com/vasilijgrossman/docs/schedapersonaggi). Questa trilogia sulla guerra gli procurò parecchi guai, dopo le prime avvisaglie avute con la mancata pubblicazione del Il libro nero. Il genocidio nazista nei territori sovietici 1941-1945 (trad. it. Mondadori 1999), commissionato dal Comitato Ebraico Antifascista a lui e a Il’ja G. Erenburg (autore, nel 1921, del notevole Le straordinarie avventure di Julio Jurenito, tradotto da Einaudi nel 1968, e del famoso Il disgelo del 1955).
Il primo, e ultimo, romanzo della trilogia che Grossman pubblicò fu Per una giusta causa (1952). La censura lo costrinse ad apportare molti cambiamenti: nel libro infatti non si menzionava mai Stalin; si sminuivano le conquiste del Partito comunista e si accennava agli episodi di collaborazione con il nemico e di violenze inflitte dai soldati sovietici alla popolazione civile tedesca. Il romanzo ebbe comunque molto successo. Il volume seguente, il capolavoro Vita e destino (tradotto splendidamente da Claudia Zonghetti per Adelphi), fu terminato nel 1960 ma, dopo averlo consegnato alla casa editrice, gli fu confiscato dalla polizia segreta. Verrà pubblicato, per la prima volta, in russo, a Losanna dalle Éditions l’Âge d’Homme nel 1980, utilizzando un microfilm misteriosamente trafugato, forse con la complicità del fisico dissidente Andrej Sacharov, dagli archivi del Kgb. Il terzo volume non vedrà mai la luce. Al suo posto Grossman scriverà Tutto scorre (Adelphi, 1987), anch’esso rimasto inedito finchè è esistita l’ Unione Sovietica, dove denunciò, in una sorta di liberatorio testamento, il Gulag, lo sterminio dei piccoli contadini e il sistematico disprezzo della vita e della libertà da parte dei comunisti sovietici, a partire da Lenin.
Le corrispondenze di guerra di Grossman avevano avuto un grande successo perché erano scritte benissimo e facevano capire che egli stava quasi sempre in prima linea, raccontando le battaglie dal punto di vista dei soldati. Ma non aveva potuto raccontare, per ragioni di censura e opportunità, tutto quello che vedeva. Per questo i suoi taccuini, utilizzati per Uno scrittore in guerra, sono tanto più preziosi: scopriamo delle istantanee non ritoccate. Grossman non perse mai «la fede nel soldato semplice russo». Ma di questi soldati, provenienti dalle nazionalità più varie, interpreti e specchio della «spietata verità della guerra», ci mostra le paure (fino ai numerosi atti di autolesionismo), gli eroismi (epiche sono le pagine da Stalingrado, in particolare le gesta del cecchino Anatolij I. ?echov), e persino la bestialità di alcuni che la guerra trasformò in predoni e violentatori. In quella che fu molto di più, e peggio, di una guerra, Grossman prese piena coscienza del proprio ebraismo attraverso l’orrore dello sterminio: la distruzione del paese natale Berdi?ev e la morte della madre abbandonata là (pagg. 61-62 e 294-296); il massacro di Babij Jar (pagg. 290-291); il campo di sterminio di Treblinka (pagg. 324-349); Varsavia rasa al suolo e il ghetto di?? ód?.
Ma la pagina forse più perfetta di tutto il libro, per l’equilibrio tra squallore, tragedia e speranza, è il racconto finale delle rovine dello zoo di Berlino (pagg. 389): la conversazione amara col guardiano, il soldato tedesco ferito che si bacia con l’infermiera...
Vasilij Grossman, Uno scrittore in guerra, a cura di Antony Beevor e Luba Vinogradova, traduzione di Valentina Parisi, Adelphi, Milano pagg. 480, € 23,00