venerdì 21 agosto 2015

Corriere La Lettura 9.8.15
Il disincanto di Canali sulle orme di Lucrezio


Il volume Roma infinita (Piemme) ripropone quattro opere di storia romana di Luca Canali, straordinario intellettuale, latinista, scrittore e poeta, militante della Resistenza e del Pci (da cui venne radiato) e docente universitario, scomparso nel 2014. Al centro del libro le sue passioni-ossessioni: la violenza e la corruzione del potere; la sorte degli oppressi, siano essi le donne, gli schiavi o le etnie conquistate; l’angoscia esistenziale nella sua sublimazione poetica. Un ricco apparato di approfondimenti dà modo a tutti di avvicinarsi all’ingombrante passato che ci portiamo, volenti o no, nel Dna.
L’opera ironizza sulla genesi della cosiddetta «civiltà occidentale» dalla sanguinosa espansione imperialistica romana, con la successiva benedizione dei pontefici cristiani. Ma anche i populares come i Gracchi avevano esaltato l’espansione per risolvere con il «timore dei nemici» la minaccia della guerra civile. Unica consolazione pensare che, se non ci fosse stato l’impero romano, ve ne sarebbe stato uno gallico o germanico, ugualmente sanguinario e brutale. L’esecrazione di ogni forma di violenza si trova nell’unica voce discorde della letteratura latina, Lucrezio, alter ego di Canali, poeta materialista della philìa (amicizia) e dell’ edonè (il piacere filosofico, da non confondersi con l’edonismo).
Per Canali la storia non è provvidenziale, ma, con Marx, basata sulla brutale ricerca del profitto e sulla lotta di classe all’esterno (imperialismo) e all’interno (lotte civili, proscrizioni), o, come scrive Joyce, «un incubo dal quale cerco di svegliarmi». Nato nel 1925, Canali vive le tragedie del Novecento e rivolge all’antichità domande scottanti e attuali. Oggi i temi della ricerca scientifica rispecchiano problemi nuovi: l’autocritica all’imperialismo nel dibattito filosofico romano, l’ibridazione fra i popoli, l’economia e le sue crisi, la formazione di uno Stato europeo, il rapporto fra cittadinanza e diritti. Ma le domande di Canali non sono invecchiate e Roma infinita conferma che la storia antica è la più politica delle materie umanistiche.
Tema ricorrente è la dimestichezza dei romani con la morte e l’arte del suicidio, preferita di gran lunga alla mancanza di libertà. Il commiato di Canali, un Leopardi dei nostri giorni, echeggia nella voce di Lucrezio, che si toglie la vita da «convitato sazio», e in quella di Augusto che, in agonia, sorridendo dice: «Amici, se pensate che ho ben rappresentato il mimo della vita, applaudite».