Corriere 30.8.15
L’abbraccio Renzi-Netanyahu (distanti soltanto sull’Iran)
Il premier israeliano a Firenze insiste sulla minaccia degli ayatollah
FIRENZE Tra Italia e Israele c’è «una forte comunanza di valori, innanzitutto per assicurare il mantenimento della pace, la stabilità e per combattere il terrorismo e la barbarie». Questo vale soprattutto per il Mediterraneo, in una fase di grandi divisioni, molto difficile per tutto il Medio Oriente: «L’Italia è al fianco di Israele contro il terrore, per riportare la pace in tutta la regione».
Sono parole forti, quelle pronunciate ieri sera da Matteo Renzi nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio, di fronte a Benjamin Netanyahu. Il presidente del Consiglio aveva voluto fortemente la visita del premier israeliano nella sua Firenze, dopo la giornata milanese all’Expo, proprio per sottolineare «la sostanza e la bellezza» dei legami tra i due Paesi: «La cooperazione tra Italia e Israele non è solo a livello di governo ma tocca in profondità l’identità di quel che siamo».
Visibilmente impressionato dal palcoscenico fiorentino, che si era goduto per l’intera giornata in osservanza dello Shabbat , Netanyahu non si è risparmiato nelle lodi sia alla leadership del «buon amico Matteo», ricordandone anche il recente discorso alla Knesset «che ha commosso tante persone», che alla «creatività italiana», di cui Expo 2015 è «la testimonianza più vitale». «Possiamo espanderci insieme — ha detto il premier dello Stato ebraico — nel settore agricolo, tecnologico e nella lotta al terrorismo. Il futuro appartiene a coloro che innovano e l’Italia sotto questo aspetto è sempre stata all’avanguardia, basti pensare a Michelangelo. Insieme si può fare di più e meglio che da soli».
Eppure, nella dichiarazione rilasciata da Netanyahu prima dell’inizio del colloquio, svoltosi nella stessa stanza dove lavorò Nicolò Machiavelli, una differenza di prospettiva tra i due leader è apparsa evidente. Il premier israeliano infatti ha dato nome e cognome alla minaccia terroristica: «La nostra civiltà — ha detto — è sotto l’assedio dello Stato Islamico militante che vuole catturare il mondo, ma c’è un’altra e più grave minaccia, quella dello Stato Islamico dell’Iran». Netanyahu ha rinnovato l’accusa a Teheran di perseguire un programma nucleare «a scopo non civile ma militare», definendo il regime degli ayatollah «un grande pericolo negli anni futuri per tutto il mondo e in particolare il Nordafrica», poiché «l’Iran avrà un arsenale enorme, che varrà milioni di dollari e verrà alimentato da milioni di dollari». Nelle parole del premier israeliano c’è tutto il senso del delicato passaggio politico e diplomatico nel quale si trova. Netanyahu si rende ormai conto che l’accordo sul nucleare iraniano, raggiunto a Vienna a metà luglio, sia lì per restare.
Appare infatti ridotta al lumicino la possibilità che il Congresso americano vanifichi in seconda battuta il probabile veto presidenziale, cassando l’intesa.
Così il premier di Israele ha scelto una strategia di freno, mirata a convincere gli alleati europei a non precipitarsi a Teheran cedendo alla tentazione degli affari, mettendoli in guardia dalle vere intenzioni del regime sciita e dai rischi impliciti nell’accordo, invitandoli a non dare facili aperture di credito a Rouhani aprendogli frettolosamente le porte della comunità internazionale o addirittura arruolandolo nella lotta all’Isis. Resta quindi un’asimmetria non detta, nel momento in cui due leader parlano di lotta al terrorismo islamico, che per l’Italia è quello dell’Isis, mentre per Israele è anche e soprattutto quello «di Stato» iraniano.
La giornata fiorentina di Netanyahu è stata tutta dedicata alle bellezze artistiche della città. Il premier ha visitato anche la sinagoga, dov’è rimasto colpito da un nome nella lapide dedicata ai deportati, quello di Nathan Cassuto, l’ex rabbino capo di Firenze che morì ad Auschwitz: Netanyahu conosce infatti bene il figlio di Cassuto, David, che è stato vicesindaco di Gerusalemme.