sabato 29 agosto 2015

Corriere 29.8.15
La vetta da scalare per Merkel
di Franco Venturini


Timoniera nel bene e nel male di tutta la politica europea, Angela Merkel non poteva più rinunciare al suo ruolo sul tema scottante dei flussi migratori. L’atroce morte in Austria di settantuno sventurati è una strage all’interno dell’Europa e all’interno del mondo germanico, non una fatalità «esterna» in quel Mediterraneo che pure continua a mietere un numero ben superiore di vittime. L’opinione pubblica tedesca è scossa come mai prima, e preoccupa che si riaffaccino episodi di xenofobia neonazista. Soprattutto, è ormai evidente anche alla cancelliera che le migrazioni siano destinate a durare e rappresentino per la sopravvivenza dell’Europa una minaccia non inferiore al disordine finanziario.
A Berlino è in corso, tardivamente, la presa d’atto di una nuova priorità squisitamente politica che si affianca a quella vecchia di natura economico-finanziaria: se non gestita con criteri equi l’ondata migratoria darà una forza non più controllabile alle strumentalizzazioni populiste ampiamente presenti nella Ue, e la rotta di collisione tra democrazia elettorale e governabilità finirà per distruggere l’intera costruzione europea. Occorre dunque concepire strategie diverse e urgenti che portino a un sistema unificato del diritto d’asilo, al ritorno delle quote nella ripartizione degli aventi diritto, e forse alla revisione delle regole di Dublino sull’esempio di quanto la cancelliera ha fatto per prima sospendendole a beneficio dei profughi siriani.
La nuova consapevolezza della Germania, che pure non corre i pericoli politici interni della Francia o dell’Italia, è motivo di speranza e deve essere accolta da un benvenuto altrettanto consapevole. Deve esserci chiaro che il nuovo orientamento del governo tedesco rappresenta in concreto l’unica possibilità di arrivare a quei traguardi che l’Italia da tempo insegue, perché è stato ampiamente dimostrato in sede europea che non abbiamo, se non in presenza di momentanee scosse emotive dovute a immani sciagure, il peso necessario per far valere le nostre argomentazioni davanti agli altrui egoismi. Così come si è visto che l’auspicato asse italo-franco-spagnolo non esiste, con Madrid su inattese posizioni anti ripartizione come i Paesi del Nord e dell’Est, e Parigi ondeggiante tra consultazioni privilegiate con Berlino e timori di favorire il Front National.
Dobbiamo, questa volta, affiancarci alla Germania e incoraggiarla nel suo ruolo di leadership, portarle le nostre esperienze e conoscenze per esempio della situazione in Libia ma anche di quella nei Balcani, tentare di favorire una svolta voluta ora anche da Berlino sapendo però che ci sarà battaglia e che le resistenze saranno dure a morire. Per questi motivi abbiamo noi per primi interesse a non dilazionare oltre la fine dell’anno — come peraltro concordato giovedì alla conferenza di Vienna — l’entrata in funzione dei nostri «centri di registrazione», strettamente legati, nella visione della Merkel, ai passi successivi sul diritto d’asilo e sulle quote.
Si può tornare a sperare, se faremo la politica giusta. E tuttavia dobbiamo anche essere lucidi, vedere i limiti della nostra speranza e del nostro impegno a fianco della nuova determinazione tedesca. Angela Merkel è imbattibile in casa, esercita un enorme potere di influenza in Europa, ma sbaglierebbe chi volesse accostarla al Cancelliere di ferro Otto von Bismarck e alla sua capacità di creare in Europa uno stabile sistema di alleanze. Per certi aspetti la Merkel è anzi una Cancelliera d’argilla, perché né l’Europa né il mondo di oggi sono quelli dell’Ottocento. La crisi greca può ancora degenerare. Obama è tutto elogi ma comincia il suo lavoro ai fianchi per confermare a gennaio le sanzioni anti russe sull’Ucraina ben sapendo che la Germania si è esposta con le intese di Minsk II e che un loro fallimento avrebbe un prezzo anche politico per Berlino. La crisi economica non è stata ancora superata del tutto ed ecco che la Cina fa tremare il mondo, soprattutto quei Paesi, come la Germania, che hanno puntato tutto sulle esportazioni rinunciando allo sviluppo della domanda interna.
Sono tempi non facili, anche per Angela Merkel. E la questione dei migranti non li farà migliorare. Basterà il peso tedesco a far rientrare i nazional-egoismi messi scandalosamente in mostra al Consiglio europeo del 25 giugno? Si riuscirà davvero a far passare un sistema di quote obbligatorie e basate su parametri oggettivi sin qui rivelatosi irraggiungibile? Le garanzie che alcuni vedono negli accordi di Dublino potranno davvero essere modificate, e le politiche nazionali sull’asilo rese comuni? Acquisita la scelta di distinguere tra migranti con diritto d’asilo e migranti economici da rimandare a casa, come potranno avvenire respingimenti tanto massicci e tanto costosi, forse con il coinvolgimento di una missione Onu? E come si pensa di impedire che quanti avranno ottenuto asilo e saranno stati assegnati pro quota a un determinato Paese si spostino di loro iniziativa per esempio in Germania, dove già vive oggi la netta maggioranza dei migranti che ce l’hanno fatta?
È bene non perdere di vista questi e altri interrogativi per valutare correttamente la montagna che Angela Merkel ha annunciato di voler scalare, le sue probabilità di successo e di conseguenza anche le nostre. Il confronto che si annuncia non sarà facile, e malgrado l’urgenza non sarà veloce. Ma da oggi esiste una possibilità, che prima aveva dimostrato di non esserci e che l’Italia farà bene a sostenere senza rinunce e senza furbizie.