sabato 29 agosto 2015

Corriere 29.8.15
Il retroscena
Renzi prepara il suo «mese cruciale» Il rischio urne appeso alla riforma
Lo stop al ddl sul Senato porterebbe al voto. Ma il leader confida in una parte dei dissidenti
di Maria Teresa Meli


ROMA «Settembre sarà un mese cruciale. Si deciderà tutto»: in questi ultimi tempi Matteo Renzi va ripetendo spesso queste parole. Il premier non si riferisce, però, alla legge di Stabilità.
Su quel versante, sottolinea lui, «i soldi ci sono». E «con Padoan non c’è nessun dissidio». Tra il presidente del Consiglio e il ministro dell’Economia, piuttosto, si recita una sorta di gioco delle parti. Ma la realtà è che in questa fase i due stanno marciando uniti perché entrambi sanno quanto sia importante affrontare il tema del taglio delle tasse.
Settembre, allora, sarà cruciale su un altro fronte. Quello della riforma costituzionale. «È questo il tema principale», insiste il presidente del Consiglio con i collaboratori e i fedelissimi. Anche con quelli che lo spingono a rinviare la resa dei conti sul ddl e ad allungare il brodo. Su questo punto (almeno finora, perché Renzi ha abituato il mondo politico a repentini mutamenti di rotta) è irremovibile: «Sulla riforma dobbiamo andare fino in fondo, non si può più rinviare oltre».
E a chi gli suggerisce maggior cautela, il premier risponde così: «Io per primo non voglio azzardare il rischio di un incidente parlamentare, non vi preoccupate». Incidente che è sempre dietro l’angolo, benché il presidente del Consiglio sia sicuro: «I voti ce li ho già».
Del resto, al Senato l’iter del ddl è stato pianificato da qualche tempo e per questa lettura non sarà necessaria la maggioranza qualificata, visto che dovrebbero essere previsti dei leggeri cambiamenti al testo licenziato dalla Camera.
La strada è quindi questa: la presidente degli Affari costituzionali, Anna Finocchiaro, alla ripresa dei lavori dichiarerà inammissibili gli emendamenti all’articolo due, quello che riguarda l’elettività del Senato, e ne taglierà una parte, dopodiché si andrà direttamente in Aula senza terminare l’esame in Commissione.
Ed è nell’Aula che la minoranza del Partito democratico, che ormai sembra intenzionata a considerare l’ipotesi della scissione nel novero delle cose possibili, potrebbe impallinare il ddl d’accordo con le altre opposizioni. Ma se così fosse, si finirebbe dritti dritti alle urne. Per questa ragione settembre è un mese «cruciale». E non a caso il premier ha deciso di congelare il rimpastino per attendere questo appuntamento.
È sempre per questo motivo che una parte dei renziani chiede al presidente del Consiglio di mandare per le lunghe l’iter della riforma costituzionale. Perché l’eventualità di un voto anticipato aprirebbe degli scenari imprevedibili. Oltre che porterebbe con sé, come conseguenza quasi immediata, la scissione della minoranza interna. Però il premier è convinto che i suoi oppositori nel Pd siano destinati a piegarsi e ritiene che di fronte alla possibilità delle elezioni una fetta dei dissidenti del Senato sceglierà la via più sicura della prosecuzione della legislatura, e, quindi, non ostacolerà la riforma costituzionale in Aula.
Insomma, Renzi non sembra troppo preoccupato per i movimenti della minoranza: «Non hanno i numeri, non hanno un progetto alternativo al nostro e non hanno un leader», va ripetendo il premier. Eppure i bersaniani, anche dopo un’eventuale sconfitta nella battaglia parlamentare del Senato, potrebbero sempre nuocergli. È quello che pensano alcuni renziani, preoccupati del fatto che la minoranza possa giocare contro il suo stesso partito nelle urne delle Amministrative. Un rischio concreto, questo, basti pensare a quello che è già successo alle Regionali, in Liguria. Ma il presidente del Consiglio mette le mani avanti: «Le Amministrative — spiega ai suoi — non saranno un test per il mio governo» .