mercoledì 26 agosto 2015

Corriere 26.8.15
L’applauso di Cl: il Pd non è più invotabile
Vittadini: non siamo diventati di centrosinistra, di certo non siamo più di centrodestra L’associazione parla di «distanza critica», come alla fine degli anni 80 con la Dc
di Alessandro Trocino


RIMINI «Noi ci siamo», dice Emilia Guarnieri, la presidente del Meeting, chiudendo l’intervento del presidente del Consiglio, Matteo Renzi, a Rimini. Comunione e liberazione c’è. Con il bagno di folla che accoglie il lungo giro del premier per gli stand, con l’applauso finale del pubblico, con gli imprenditori sponsor che incontrano il premier in uno spazio riservato. E soprattutto con l’endorsement dei dirigenti.
Difficile capire se sia sbocciato un sentimento vero tra il popolo dei ciellini e il Partito democratico renziano: gli applausi non mancano, anche se c’è chi fa notare come non ci siano state le ovazioni del passato. E forse è esagerato parlare di matrimonio d’interesse, come fa qualcuno in platea. Ma, certo, la giornata di ieri celebra una svolta per Cl.
Basta parlare con Giorgio Vittadini, leader storico e fondatore della Compagnia delle Opere. Prima mette i paletti nel rapporto con Renzi: «nella chiarezza dei ruoli» e «senza fare schieramenti». Ma poi non nasconde una simpatia e una preferenza per il nuovo corso del Pd: «Noi l’abbiamo detto e lo diciamo: vogliamo collaborare». Non che Cl si schieri apertamente, questo no. Ma il cambiamento di rotta è evidente: «No,non si può dire che siamo diventati di centrosinistra. Ma certamente si può dire che non siamo più di centrodestra. Sono cambiati i tempi. Abbiamo deciso di riprendere l’insegnamento di don Giussani, quando nell’87 alla Democrazia cristiana parlava di distanza critica». Il Pd renziano è la nuova Dc? «Non voglio dire questo, sono tempi diversi e allora erano i vescovi che dicevano di votare Dc». Ma come voterebbe oggi Vittadini? «Eh, vedremo. Sicuramente il Pd non è più invotabile. Non lo è già da qualche tempo, ma con Renzi ancora di più».
Non è una dichiarazione di voto, ma è un segnale chiaro. L’altra faccia dell’asserita recuperata «distanza critica» dai partiti, figlia dello sfarinamento del centrodestra, è il rapido avvicinamento al progetto renziano di governo. Senza nascondere che Cl è un movimento religioso, ma ha anche un cospicuo business e non può fare a meno di interloquire con chi il potere lo detiene. Nei giorni scorsi, Vittadini si era espresso così: «Certo, vanno bene le idee, ma poi conta il lavoro. E la realtà è fatta anche di trucioli e di imprese». Non a caso le prime file sono zeppe di imprenditori (tra loro Roberto Snaidero, di Federlegno, citato da Renzi) e povere di politici.
Renzi si accredita rievocando il suo primo legame con il Movimento, don Paolo Bargigia, missionario a Lima e ora presente in platea, in sedie a rotelle. Fu lui a fargli passare i «pregiudizi» verso i ciellini, al ginnasio Dante. Una certa distanza rimane: Renzi cita La Pira, cattolico di sinistra, non don Giussani. Ma le relazioni viaggiano su altri livelli e i segnali ci sono tutti. La sera prima il suo braccio destro Marco Carrai era a cena con don Julian Carron. Agnese Renzi è venuta in visita al Meeting e non è un caso, forse, che tra gli stand sia stato deciso di omaggiare il Duomo di Firenze.
Per capire l’aria che tira, d’altronde, basta leggere il programma. Spariti, come si è detto, i politici di vecchio stampo, i tradizionali referenti, come Roberto Formigoni e Mario Mauro. Resta Maurizio Lupi, che non ha la ribalta ma si incolla dietro Renzi per tutta la giornata. Il programma di ieri sembrava più a sinistra di quello della Festa dell’Unità: interventi di Carlin Petrini, di Noam Chomsky, di Fausto Bertinotti. Vittadini non dimentica di citare, con favore, le presenze di Luigi Berlinguer e di Luciano Violante. Di temi divisivi, tipo unioni civili, non parla Renzi ma neanche il Meeting. Lo fa solo il domenicano padre Giorgio Carbone, che esagera attaccando gender e gay «tendenti al suicidio» e viene «censurato dal Meeting», come denunciano i suoi.
In prima fila a guardare Renzi c’è anche Giancarlo Cesana, già «numero due» di don Giussani. Di poche parole, ma significative: «Renzi? Mi sembra che sia più bravo degli altri premier. Giovane e sveglio». Sono passati pochi anni (ma sembra un secolo) da quando diceva: «Berlusconi? Un fenomeno, bravo e simpatico, anche antropologicamente».