mercoledì 8 luglio 2015

Repubblica 8.7.15
Pierluigi Bersani “La sinistra non può abdicare o qualcuno prenderà il suo posto”


La lezione greca e il ruolo dei socialisti europei secondo l’ex segretario del Pd: “Se ci mettiamo a rincorrere la destra ci sarà sempre chi cercherà di scavalcarci, anche senza avere la nostra cultura di governo.E comunque ad Atene non ha vinto Alba dorata ma Tsipras,bisogna che il Pd e il Pse ne tengano conto”
Per noi dovrebbe essere naturale stare con chi chiede più solidarietà, c’è una differenza tra piazza Syntagma e Marine Le Pen
Per l’Europa serve uno scatto di leadership e l’Italia deve far sentire la sua voce, basta con la solita idea di mettere il Nord contro il Sud
colloquio con Goffredo De Marchis

ROMA. Dice Pierluigi Bersani che la sinistra dovrebbe essere contenta dell’esito del referendum greco, che tanto prima o poi i nodi dovevano venire al pettine e «allora meglio un’uscita a sinistra dalla crisi europea. Tsipras chiede più Europa, più solidarietà a differenza della Le Pen che in Francia chiederebbe meno Europa e meno solidarietà». Eppoi, Renzi e i leader del Pse guardino bene i volti di chi è sceso in piazza Syntagma per festeggiare: «Hanno vinto i poveracci, i giovani senza lavoro, i disoccupati, gli studenti che stavano con il No. Questo alla sinistra dovrebbe bastare perché è il nostro popolo».
L’ex segretario, in una pausa dei lavori della Camera, prova a fornire qualche soluzione all’enigma greco, di quelle «che oggi sono utopistiche, ma che fra un mese potrebbero rivelarsi coraggiose e fattibili». Suggerimenti a Matteo Renzi? «Serve uno scatto di leadership europea. E l’Italia deve fare sentire la sua voce. Noi non siamo la Grecia, noi possiamo ben dire che se salta l’Italia salta l’Europa». Quindi i pugni sul tavolo vanno sbattuti. Ora o mai più. Non sono attacchi diretti al premier, anche se quel riferimento al derby tra dracma e euro è stato uno sbaglio colossale. «Ma su questo ha già detto tutto Romano Prodi, non ho niente da aggiungere».
Il governo italiano dovrebbe provare a rompere il dominio tedesco, così male interpretato dai vertici di Berlino. «La Merkel esercita il comando quando dovrebbe invece interpretare una leadership. Col comando hai riconoscimenti a casa tua, ma rischi di portare l’Europa a sbattere contro il muro». I socialisti tedeschi sembrano addirittura più rigoristi della Cancelliera. Martin Schulz per primo, ma anche Sigmar Gabriel che di Bersani è amico (così come lo è il falco Jens Weidman, presidente della Bundesbank, spedito qualche anno fa a Roma come stagista dalla stessa Merkel per studiare le liberalizzazioni di Bersani). «A Gabriel direi: caro compagno, se tu fai la destra la sinistra non rimarrà scoperta. Esiste in natura e la occuperà qualcun altro, magari senza avere la cultura di governo che abbiamo noi».
La favola dell’alleanza Syriza-Alba dorata, dice Bersani, lasciamola ai gonzi che abboccano. «Chi ha trainato quel referendum? Tsipras, Alba dorata non c’entra niente. Io non so se sia stato giusto indirlo, se fosse bene votare Sì o votare No. So che lì ha vinto la sinistra, non la destra». Dunque, i socialisti europei e il primo partito di quella famiglia, ossia il Pd, ne tengano conto. Non si girino dall’altra parte. «Tira un’aria bruttissima per tutte le elite, per tutte le istituzioni. Il distacco con i cittadini è enorme, non capiscono, non sanno, e alla fine non ti votano». Invece la Germania che fa? Convoca subito il bilaterale con la Francia. «Roba da matti».
La Merkel e l’Unione europea puntano sempre il dito contro i Paesi del Sud europa: la Grecia, l’Italia, la Spagna. «Ma quello che succede in Finlandia e in Danimarca non lo vedono?
La Cancelliera pensa sempre al blocco dei paesi del Nord ma gli sfuggono di mano, anche lì spuntano populismi, nazionalismi, xenofobia. Per questo ci vorrebbe una visione complessiva e non la solita idea di mettere il Nord contro il Sud». Le proposta utopistiche appaiono davvero oltre le nuovole di Bruxelles. «L’Europa — spiega Bersani — dovrebbe mettere in comune l’extra-debito che gli Stati hanno accumulato dal 2009 ad oggi». Dalla grande crisi economica in poi, intende l’ex segretario, che ha avuto gli effetti di una guerra «ma per fortuna senza una guerra. Del resto, alla Germania dopo il conflitto mondiale fu perdonato qualcosa di più mostruoso dei conti truccati della Grecia. E lo si fece, giustamente, per evitare nuovi guai». Tutto il debito accumulato negli anni della tempesta andrebbe messo in comune e lo stesso dovrebbe valere per le bilance commerciali. «Se si affrontano questi due temi l’emergenza greca può trovare risposte che non contraddicano gli sforzi che tanti Paesi hanno, loro malgrado, dovuto fare. A cominciare dalla Spagna. Altrimenti andiamo in una zona di vero pericolo», profetizza Bersani. E lontano da Bruxelles si permette di predicare un po’ di utopia.