mercoledì 8 luglio 2015

Corriere 8.7.15
Quel muro che allontana l’Ungheria dall’Europa


Nel giro di poche ore, due notizie che si incrociano. La prima è un rapporto di Amnesty International redatto dopo 4 missioni di ricerca in Serbia, Ungheria, Grecia e Macedonia: dice che migliaia di profughi alla ricerca d’asilo «sono vit-time di abusi violenti e estorsioni da parte di auto-rità e gang criminali», e «abbandonati da un sistema di asilo Ue falli-mentare» restano «intrap-polati senza protezione in Serbia, e Macedonia». La seconda notizia viene da Budapest: il Parlamento ungherese ha approvato con i voti della mag-gioranza nazionalista, e con quelli degli estremisti na-zionalisti di Jobbik, la legge che impone la costruzione immediata di un muro anti immigrati e di una barriera di filo spinato al confine con la Serbia. Il Parlamento ungherese, come in ogni Paese, è sovrano. Ma le due novità, messe insieme, disegnano un punto interrogativo gigantesco. Perché l’Ungheria è un Paese membro dell’Ue, ha scelto lei di starvi. E a ragione: è una nazione di civiltà, storia e cultura millenarie, intrisa di tutto ciò che è Europa. Però i Trattati fondativi dell’Ue dicono: ogni nazione deve rispettare le convenzioni internazionali sui diritti umani; ogni nazione deve garantire la libera circola-zione di persone, merci e idee nello spazio comuni-tario. Queste sono le condi-zioni necessarie per potersi dire europei: sottoscritte e proclamate in ogni docu-mento ufficiale. Nessuna eccezione è prevista. I muri con il filo spinato apparten-gono ai panorami della Guerra fredda. E le milizie paramilitari agli Anni 30 e 40. Ma questo è il 2015. E un governo può sbagliare, ma quando anche il Parla-mento che rappresenta i suoi cittadini approva muri e fili spinati, perfino la de-mocrazia diventa un punto interrogativo. Che fa paura all’Europa.