domenica 5 luglio 2015

Repubblica 5.7.15
Crolli in Borsa, la Cina teme la bolla
Listini a Shanghai-30%, sospese 28 Ipo
Fondo da 19 miliardi di dollari contro il panico
Lo Stato ha iniettato liquidità, ridotto i tassi e messo in campo i fondi pensione, ma senza esito
Dai massimi del 12 giugno lo Shanghai index ha perso il 28% cioè più di 1000 punti
La perdita di valore delle società quotate in un mese è di 2800 miliardi di dollari
di Giovanni Pons


MILANO. La bolla sui mercati finanziari cinesi sta scoppiando e operatori e autorità corrono ai ripari. Nelle ultime tre settimane le Borse di Shanghai e Shenzhen hanno perso rispettivamente il 28,6% e il 33,2% bruciando una capitalizzazione di circa 2800 miliardi di dollari, interrompendo una cavalcata che aveva portato i listini a guadagnare il 150% in un anno. Ora si sta cercando di fermare l’emorragia e ieri i principali broker cinesi, tra cui Citic Securities, Haitong Securities e Guotai Junan Securities hanno annunciato di aver creato un fondo da 120 miliardi yuan ( 19,3 miliardi di dollari) da investire nel mercato azionario cinese e cercare di arginare il crollo delle quotazioni. «Per ora l’atteggiamento si sta orientando verso il panico ed è estremamente difficile calmare un orso rabbioso», è stato il commento di Bernard Aw, strategist di Ig Asia. Il nuovo fondo può avere solo «un effetto fugace quando gli scambi giornalieri hanno raggiunto i 2000 miliardi di yuan», ha detto Hao Hong, equity strategist per la Cina della Bocom International di Hong Kong.
Si tratta comunque di una mossa senza precedenti che arriva dopo che sono falliti i tentativi delle istituzioni di frenare la caduta. La banca centrale cinese ha tagliato i tassi di interesse per quattro volte da novembre 2014, riducendoli dello 0,25%, oltre ad aver abbassato i requisiti di capitale per alcune banche. Mercoledì scorso erano invece state allentate le regole sulle possibilità per gli investitori di operare a debito (permettendo di usare anche la casa per accedere ai prestiti dei broker) e sono state ridotte le commissioni di trading. La People Bank of China ha inoltre iniettato 250 miliardi di yuan di liquidità nel sistema e permesso al fondo pensione pubblico di investire fino al 30% del suo capitale (565 miliardi di dollari) nel mercato azionario.
Tutte queste misure per ora non hanno sortito gli effetti sperati e non hanno raffreddato i 90 milioni di risparmiatori che affollano le borse cinesi, 28 gruppi hanno rinunciato ieri a Ipo già avviate.
E quindi ora c’è qualcuno che grida al complotto. Secondo il giornale cinese Financial News, il crollo delle borse sarebbe il frutto di un attacco speculativo di «forze predatorie straniere mirato a danneggiare il processo di riforme economiche del paese». In questa manovra vi sarebbe il coinvolgimento diretto della banca d’affari statunitense Morgan Stanley colpevole di aver recentemente rivisto al ribasso le previsioni per la Borsa di Shangai. Su questa linea di pensiero anche cinque professori delle top università cinesi che hanno paragonato l’odierna situazione a quella del 1997-98 quando George Soros speculò contro le valute asiatiche.
Tuttavia il problema di fondo rimane il rallentamento dell’economia reale cinese a cui si è accompagnata una impennata delle quotazioni di Borsa totalmente disallineata dai valori fondamentali creando una bolla che ora sta scoppiando.