venerdì 3 luglio 2015

Repubblica 3.7.15
Ora sarebbe un testa a testa Pd-M5S
di Fabio Bordignon


TESTA a testa tra Pd e M5s, al primo turno, e partita aperta al ballottaggio? Lo scenario che gli ultimi sondaggi sembrano delineare, su base nazionale, a Roma emerge in modo ancora più netto. Con i 5 stelle avanti di un paio di incollature.
Rapida premessa: la poltrona di Marino scricchiola, e in città si respira un clima pre- elettorale, ma una “vera” campagna ancora non c’è. E forse neppure ci sarà. Per questo, gli orientamenti di voto formulati dai romani hanno un valore del tutto indicativo. Anche perché, necessariamente, i rispondenti al sondaggio Demos si sono espressi su candidati ancora “senza volto”. I risultati segnalano, tuttavia, un piccolo terremoto, rispetto alle comunali 2013.
In caso di voto anticipato, la maggioranza relativa (il 30%) sceglierebbe un candidato 5 stelle. Il nome, già virale in rete, è quello di Alessandro Di Battista. Sebbene sconosciuto a oltre un terzo dei cittadini, il membro del “direttorio” pentastellato (incandidabile, secondo le regole interne) gode di un consenso personale di tutto rispetto: con il 28%, si colloca a meno di due punti dal primo cittadino.
Se si votasse oggi, solo il 24% dei romani vorrebbe l’attuale sindaco come successore di se stesso: il 73% è contrario, il 3% è indeciso. Mentre il 28% è propenso a votare per un “generico” candidato di centro-sinistra. Lontani i tempi in cui Marino, con il 43%, si avviava a strappare la fascia tricolore a Gianni Alemanno. Ma lontani anche i tempi in cui il principale competitor era rappresentato dal centro-destra. L’ex-sindaco è visto con favore da appena il 14%. E appena il 16% voterebbe per un candidato di centro-destra. Parte politica che, paradossalmente, esprime la leader più popolare, nella Capitale: Giorgia Meloni, che, grazie a un mix di radicamento sul territorio e appeal mediatico, guida la graduatoria delle personalità politiche “locali” con il 35%.
Gli esponenti del vecchio schema bipolare possono ancora puntare ai voti che si collocano alle proprie estreme estrema sinistra ed estrema destra, accreditate, ciascuna, del 5-6%. Ma anche al soccorso - magari tra primo e secondo turno - di chi si dichiara “oltre” destra e sinistra, ma è pronto a dialogare con entrambi i “poli”. É l’identikit di Alfio Marchini, apprezzato dal 20% dei romani. La base di partenza, per un candidato “indipendente”, è del 15%: un capitale di consenso che potrebbe modificare gli equilibri generali.