Repubblica 15.7.15
Le reazioni. Migliaia di persone, soprattutto ragazzi, si sono riversate nelle piazze e nelle vie della capitale Il presidente Rouhani parla in tv: “Noi rispetteremo gli accordi se gli altri li rispetteranno”
Nelle strade di Teheran la festa dei giovani “Abbiamo riconquistato il diritto di sognare”
di Vanna Vannuccini
Tra clacson, balli e canti è Zarif l’eroe della giornata “Ora torniamo a testa alta nel mondo” Kamran, uno studente del Politecnico, spera nella possibilità di scambi con le università all’estero
TEHERAN . Hanno aspettato la fine del digiuno, poi sono cominciati i caroselli. Verso le dieci di sera Valye Asr, il viale che collega Teheran nord con la stazione centrale a sud, una delle strade urbane più lunghe del mondo, era già intasata di macchine piene di giovani. Le piazze intanto si affollavano di altri, soprattutto ragazzi, che uscivano in massa dalla metropolitana. Clacson, bandiere, foto di Javad Zarif e di Hassan Rouhani.
Zarif, il responsabile dell è l’eroe della giornata. «Ministro della ragione», «ministro saggio, come Mossadegh», le lodi e i paragoni sui cartelli si sprecano. Piazza Vanak, più o meno a metà di Valye Asr, è il posto in cui approda chi è venuto a piedi. Un gruppo intona Ei Iran , la canzone dell’orgoglio nazionale. Un altro gruppo scandisce Ya Hossein Mir Hossein , uno slogan solo apparentemente religioso perché all’invocazione a Hossein martire di Kerbala fa seguire il nome di MirHossein Mousavi, il candidato che alle elezioni del 2009 fu battuto, in modo a parere di tutti fraudolento, da Ahmadinejad ed è ancora con la moglie agli arresti domiciliari. La piazza è presidiata dalla polizia, ma i poliziotti guardano e sorridono. Qualcuno alza uno striscione: «Sono passati mille giorni» (dall’elezione di Rouhani), ricordando che il presidente in campagna elettorale aveva promesso che non ci sarebbero stati più prigionieri politici in Iran.
È il solo accenno a rivendicazioni politiche. Le libertà politiche interessano relativamente questi giovani: quelli che sono venuti a festeggiare hanno tutti meno di quarant’anni. In Iran i giovani sotto i 40 anni sono quasi il 70 per cento della popolazione. Vogliono soprattutto il controllo sul proprio destino: un lavoro, libertà di sognare, andare nel mondo senza sentirsi dei paria. Sono orgogliosi come lo sono i loro governanti, ma in modi diversi. Il regime si sente umiliato quando il mondo parla di usare «il bastone e la carota». Questi ragazzi vogliono essere apprezzati per i loro studi, la loro preparazione, la loro intelligenza.
Kamran, uno studente del Politecnico, una delle università più prestigiose di Teheran, mi dice che per lui la cosa forse più importante che risulterà da quest’accordo sarà la possibilità di scambi con le università estere. Non per rimanere all’estero, come fa ora chi dopo tante difficoltà riesce ad avere un visto, ma per avere esperienze di studio diverse e farne tesoro tornando in patria. Lui da due anni potrebbe emigrare in Canada. C’è stato due anni fa, ha fatto le carte necessarie e ha ancora un anno per decidere se farvi ritorno. Ma ancora non si è deciso, perché dovrebbe prendere la residenza canade- se e per averla dovrebbe vivere due anni di seguito in Canada senza mai tornare in Iran.
L’atmosfera è gioiosa anche perché tutti si aspettano almeno un miglioramento economico, una volta che saranno tolte le sanzioni che si sono abbattute con un macigno sulla popolazione. «Soprattutto su di noi della classe media», mi dice un insegnante che sembra un po’ meno giovane della media. «Certo i poveri stanno peggio di noi, c’è parecchia gente a Teheran che la sera va a letto con la fame. Ma almeno per i poveri il governo fa qualcosa, distribuisce qualche sussidio, viveri di prima necessità. La classe media invece, che con l’inflazione ha perso tutto il suo potere d’acquisto, è stata proprio abbandonata ».
Il presidente Rouhani, che ha parlato oggi alla tv un’ora dopo l’annuncio dell’accordo di Vienna, ha ricordato che quando lui è stato eletto l’inflazione era al 50 per cento e la recessione a meno 6,8. Oggi l’inflazione è al 15 per cento e la crescita è tornata in positivo. «Ci sarà crescita solo se Rouhani saprà liberarci dai ladri», dice scettico un uomo di una cinquantina d’anni che ha ordinato un panino in un fast food dove ci fermiamo a mangiare qualcosa. «Ha cominciato a fare, ma siamo ancora lontani da quello che servirebbe ».
Passa clacsonando una macchina riempita di un numero incredibile di ragazze che fuoriescono con il busto dai finestrini. Dalla macchina esce una musica rock. «Balla, balla! », dicono a una signora avvolta in un chador nero che attraversa la strada. Lei sorride e accenna con allegria a qualche passo di danza.
«Sono venuto per vedere gente allegra, non capita tutti i giorni», dice un ingegnere che cammina con il figlio adolescente. Lui è sicuro «al cento per cento» che la situazione migliorerà. I prezzi scenderanno, se non altro perché le merci che arrivano dall’estero non passeranno più attraverso tante mani. Qualcuno ha scritto su un cartello: «Coloro che si sono arricchiti enormemente con le sanzioni in questo momento stanno studiando come arricchirsi lo stesso quando le sanzioni saranno cancellate». Tanta gente è uscita dai locali su Valye Asr con i panini in mano per godersi lo spettacolo. «Gli ultraconservatori faranno opposizione. Non oseranno prendere una posizione diversa dal Leader. Il pericolo viene dal Congresso americano. Netanyahu farà di tutto per boicottare l’accordo».
«Rispetteremo gli accordi se gli altri li rispetteranno », ha detto Rouhani alla televisione. Stamani in Parlamento un deputato conservatore, Tavakkoli, ha ricordato però che anche il parlamento iraniano si è riservato il diritto di approvare il testo dell’accordo, come il Congresso americano.
Un gruppo di giovani donne dice che dagli scambi con l’Occidente l’Iran dovrà imparare soprattuto come difendere i diritti umani. «La rivoluzione voleva cose buone, la giustizia sociale, l’uguaglianza, ma poi si è capito che in nome di certi ideali abbiamo perso in qualità della vita». Loro da ragazze erano religiose, ma da diversi anni hanno smesso di pregare. Mi arriva un sms da un’amica: «La pace sia con tutti noi».