mercoledì 15 luglio 2015

La Stampa 15.7.15
Così Barack s’è guadagnato il Nobel
E vuole la pace Israele-palestinesi
Dopo Cuba, un altro successo: il presidente cerca il sigillo in Medio Oriente. Netanyahu permettendo
di Paolo Mastrolilli


Dicono che l’accordo con l’Iran, sommato a quello con Cuba, giustifica a posteriori il premio Nobel assegnato troppo in fretta al presidente Obama. Di sicuro, nel bene o nel male, queste iniziative segneranno la sua eredità storica in politica estera, insieme al ritiro dall’Iraq e dall’Afghanistan, e magari all’accordo sul riscaldamento globale da inseguire nel vertice di dicembre a Parigi. Il capo della Casa Bianca, però, guarda già oltre. Vede questa intesa come l’opportunità per cambiare gli equilibri strategici nell’interno Medio Oriente, fermare il conflitto tra sunniti e sciiti, neutralizzare lo Stato islamico, e magari rilanciare anche il negoziato di pace fra israeliani e palestinesi, nonostante i feroci attriti col premier Netanyahu.
Opposizione interna
Obama, che sembrava finito dopo il flop in Siria e Iraq, ha superato ostacoli enormi anche nel suo stesso Partito democratico, per arrivare a questi accordi. Su Castro, la lobby cubana che controlla ancora molti voti nel decisivo stato della Florida ha fatto di tutto per bloccare l’intesa, e ha la maggioranza in Congresso per impedire la cancellazione dell’embargo che completerebbe la normalizzazione delle relazioni. Sull’Iran hanno espresso dubbi persino collaboratori stretti come l’ex negoziatore mediorientale Dennis Ross, e diversi parlamentari democratici sensibili alle critiche venute da Israele, come ad esempio il senatore di New York Schumer. Il capo della Casa Bianca però è andato avanti, non solo perché non ha più davanti la prospettiva di ricandidarsi, ma anche perché spera che la sua scommessa finisca in realtà per garantire più sicurezza a tutti, a partire proprio dallo Stato ebraico e l’Arabia Saudita.
Washington sa bene che l’accordo firmato è imperfetto, perché non impedisce a Teheran di continuare a interferire nel Medio Oriente, aiutare Assad in Siria, finanziare Hezbollah in Libano e i gruppi terroristici che avanzano la causa sciita. In più non smantella il programma nucleare, e lascia aperta la possibilità che la Repubblica islamica si limiti ad aspettare una decina di anni, prima di costruire la bomba. La scommessa di Obama, però, è che la società civile iraniana prevalga, e sfrutti il tempo guadagnato per spingere anche la politica a cambiare, scegliendo di svolgere un ruolo responsabile sullo scacchiere internazionale. Il presidente spera che se questo avverrà, Iran e Arabia cominceranno a dialogare, per mettere fine al conflitto tra sciiti e sunniti e costruire un nuovo equilibrio in Medio Oriente, dopo la fine dell’era segnata dall’accordo Sykes-Picot. Ciò soffocherebbe pure lo Stato islamico, togliendogli gli appoggi più o meno espliciti ricevuti nella regione, riportando la stabilità anche in Iraq e Siria, e magari risolvendo le differenze che hanno incrinato le relazioni americane con Arabia, Egitto e Turchia.
È una scommessa rischiosa e complicata, che probabilmente verrà decisa solo quando Obama non sarà più alla Casa Bianca, ma potrebbe dare risultati storici ben più significativi del semplice accordo nucleare con l’Iran. Così si spiegano anche le feroci reazioni politiche interne, non solo da parte dei leader congressuali come lo Speaker della Camera repubblicano Boehner, ma anche dei candidati alle presidenziali del 2016, a partire da senatore del Gop Lindsey Graham, che ha definito l’accordo come «una dichiarazione di guerra e una condanna a morte per Israele». Invece Hillary Clinton, ex segretario di Stato di Obama, ha difeso l’intesa ma si è presa un po’ di margine di manovra politica, dicendo che per valutarla bisognerà vederne l’applicazione.
Rilanciare i negoziati
Il presidente però ha ancora altre ambizioni. Nei giorni scorsi Mike Yaffe, stretto collaboratore di John Kerry e dell’inviato speciale per il Medio Oriente Frank Lowenstein, ha detto ai diplomatici alleati che il capo della Casa Bianca ha chiesto proposte per rilanciare il negoziato israelo-palestinese, dopo l’accordo con l’Iran. Quattro le ipotesi, al momento: una risoluzione Onu, una dichiarazione del Quartetto, la pubblicazione degli «Obama parameters», o l’iniziativa lasciata alle parti. Sembra impossibile, considerando gli attriti con Netanyahu, ma Obama ha ancora un anno e mezzo di mandato e vuole continuare a fare la storia.