venerdì 10 luglio 2015

Repubblica 10.7.15
Riforme già concordate ma ora la vera incognita è il voto dei duri di Syriza
Le 47 cartelle del piano nascono dalla collaborazione con il leader dell’Eurogruppo. Accordo a portata di mano
di Alberto D'Argenio


BRUXELLES. La paternità è del primo ministro Alexis Tsipras, ma sulla lettera con gli impegni greci in cambio del terzo pacchetto di aiuti europeo arrivata nella tarda serata di ieri a Bruxelles ci sono le impronte digitali di diversi protagonisti del negoziato che per cinque mesi ha inchiodato l’eurozona. Un indizio sul fatto che, salvo sorprese, l’accordo per il salvataggio di Atene sembra ormai a portata di mano. Anche se nella notte un tweet del capo di gabinetto di Juncker ha aperto l’ennesimo giallo: «Abbiamo bisogno di lettere firmate». Da Atene subito hanno assicurato che entro un’ora sarebbe arrivata quella autografata da Tsipras.
Ieri il lavoro a villa Maximos, residenza del primo ministro greco, è stato febbrile. Tsipras, il nuovo ministro delle Finanze Tsakalotos e il gabinetto di crisi sono stati assistiti passo passo nella stesura della missiva da un team di funzionari francesi messi a disposizione da Francois Hollande, il grande mediatore tra Atene e Berlino che sta cercando di salvare l’integrità dell’eurozona. Ma la gestazione del testo è stata accompagnata anche da alcuni uomini delle istituzioni europee e, a distanza, dalla Commissione e dal presidente dell’Eurogruppo, l’olandese Jeroen Dijsselbloem il cui timbro al testo vale l’approvazione di Angela Merkel. Un ritorno alla normalità dopo l’addio di Varoufakis e con il Paese a un passo dal baratro dopo mesi muro contro muro con l’Europa.
Nelle 47 pagine recapitate a Bruxelles a ridosso della scadenza fissata a mezzanotte si ritrova il piano Juncker, il testo alquanto generoso con la Grecia offerto 10 giorni fa dal capo dell’esecutivo comunitario a Tsipras in cambio dell’annullamento del referendum ma rifiutato dal governo greco, con alcune migliorie per permettere al primo ministro di rivenderlo in patria. Dunque con le dimissioni di Varoufakis e il duro trattamento riservato a Tsipras martedì scorso dai leader Ue, con annesso ultimatum di default in caso di mancato accordo entro domenica, il negoziato ora sembra correre sui binari dell’intesa.
Ma per il primo ministro ellenico i problemi restano. Se è ancora da verificare l’ok dei capi di governo dell’eurozona alle misure offerte dai greci (c’è comunque ottimismo), è l’ala radicale di Syriza a preoccupare seriamente Tsipras. Ieri il leader greco ha lottato fino a tarda serata con i suoi per evitare la scissione del partito. I punti più contestati dai duri e puri erano il taglio ai sussidi agricoli e l’Iva sui medicinali. Problemi invece con Kammenos, leader di Anel, il partito di destra alleato al governo, sui tagli alla difesa.
Oggi la delicata riunione del comitato parlamentare di Syriza sarà cruciale per capire le sorti del governo. Il primo ministro è orientato (o meglio, è pressato dalle Cancellerie europee) a far votare in Parlamento l’interno pacchetto di riforme già sabato mattina in modo da presentarsi al summit di domenica a Bruxelles con in tasca la patente di leader affidabile. In quel caso difficilmente i governi più irritati con la Grecia potrebbero rifiutare il pacchetto triennale di salvataggio, una cinquantina di miliardi in arrivo dal Fondo salva stati (Esm) ai quali si aggiungerebbero 35 miliardi per la crescita messi sul tavolo dalla Commissione.
Ma cosa farà Tsipras se i quaranta parlamentari duri e puri di Syriza sabato non voteranno il testo? Due settimane fa, per salvare partito e governo, l’inquilino del Maximos ha convocato il referendum facendo irritare tutti i governi d’Europa. Questa volta invece sembra orientato (l’unica alternativa è il default) ad accettare il soccorso dell’opposizione: To Potami, Nea Demokratia e Pasok. Ma a quel punto Tsipras, dopo il summit europeo, probabilmente darà le dimissioni spianando la strada a un nuovo esecutivo di unità nazionale chiamato a implementare entro un paio di mesi le misure del piano di salvataggio per poi portare il Paese al voto anticipato.
Sul fronte europeo, intanto, si stila il calendario per tirare la Grecia fuori dalle sabbie mobili del default nel caso la lettera di Tsipras rispetti gli “accordi” presi martedì con i leader europei. Domani l’Eurogruppo, domenica il summit a 28. Resta inteso che se nel frattempo Tsipras farà marcia indietro, il vertice si trasformerà nella riunione che sancirà il Grexit. Già, perché senza accordo lunedì le banche elleniche salteranno e Atene andrà in default. Se invece sarà fumata bianca, l’Europa si mobiliterà per far arrivare Atene ai primi di agosto, quando partirà il piano di salvataggio che intanto andrà stilato e fatto approvare da alcuni parlamenti nazionali (come quello tedesco). La Bce è pronta ad alzare il tetto della liquidità di emergenza (Ela) per ridare fiato alle banche elleniche mentre i ministeri del Tesoro dei Diciannove dovrebbero versare nelle casse di Atene i 3,3 miliardi di profitti realizzati sempre dall’Eurotower sui titoli greci.