venerdì 10 luglio 2015

Repubblica 10.7.15
Emmanuel Macron.
“L’eurozona in dieci anni sparirà se ora non siamo capaci di agire”
L’allarme del ministro francese: “Per l’Europa è il momento della verità. La crisi greca è il sintomo di un problema molto più profondo”
intervista di Carlos Yarnoz


PARIGI EMMANUEL Macron, titolare dell’Economia, è il ministro più giovane del governo francese e probabilmente il più brillante, ma anche il più controverso. I contestatori all’interno del Partito socialista lo tacciano come «liberale» per la sua legge per modernizzare l’economia, approvata definitivamente ieri attraverso un decreto. In questa intervista afferma che lui è qui per riformare, per influire sulla «trasformazione ideologica» della sinistra.
Dopo 11 mesi al ministero dell’Economia, e con i suoi 37 anni di età, pensa che continuerà a far politica?
«Mi piace quello che faccio, che è cambiare tante cose. Questa tappa mi dà l’opportunità di cambiare linee di lavoro, di riformare e di tentare anche una rinnovazione ideologica della sinistra in Europa. Mi interessa un’apertura, una modernizzazione, una trasformazione ideologica della sinistra».
Qual è oggi il ruolo di questa sinistra?
«Essere di sinistra, essere socialdemocratico, significa essere in grado di modernizzare l’economia dando importanza alla giustizia sociale. Nel caso della Francia apportare investimenti adeguati, mantenere l’occupazione, eliminare i blocchi».
Il Partito socialista sta cambiando?
«È quello che spero».
Da socialdemocratico a social-liberale?
«Io spero che si trasformi in socialdemocratico ».
I suoi critici dicono che lei è liberale.
«Le etichette contano poco, mi lasciano indifferente. E io mi assumo le responsabilità fino in fondo. Non bisogna stare nell’ambiguità. Il liberalismo politico è un elemento della sinistra. La sinistra è il partito dell’emancipazione e della libertà, in coordinamento con la solidarietà. Altrimenti, la sinistra si trasforma in un partito conservatore».
Come descriverebbe la situazione in Europa?
«L’Europa vive un momento di verità storica. Nei nostri Paesi, perché dobbiamo fare riforme. Per noi stessi e per l’Europa. In Francia certamente. Senza una Francia forte, non ci sarà una politica europea costruttiva di livello. È il momento della verità perché la zona euro mette a nudo le ambiguità che furono accettate dieci anni fa».
Le ambiguità della moneta unica.
«Sì, abbiamo condiviso una moneta mentre le divergenze economiche si allargavano. Le nostre economie si sono allontanate, così come i nostri popoli. Dopo il no di Francia e Olanda alla Costituzione europea, dieci anni fa, non ci sono stati progressi significativi nell’Unione Europea. La crisi greca è il sintomo di un problema molto più profondo. Il sintomo che la zona euro non ha i mezzi per arrivare fino in fondo. Non ha creato i meccanismi di solidarietà che devono accompagnarsi a una zona monetaria. È un progetto politico che ha finito per essere solo un’area valutaria. Abbiamo messo in grande pericolo l’Eurozona. L’uscita dall’euro della Grecia non sarebbe solo un errore economico, ma anche politico. Non fare tutto il possibile perché la Grecia resti nella zona euro equivale ad accettare una retrocessione dell’Europa».
E Syriza come ha gestito il problema?
«In Francia c’è una visione romantica. Il discorso della solidarietà dev’essere accompagnato da quello della responsabilità. Dobbiamo affrontare le radici, l’origine del problema della moneta unica. Per questo ho fatto delle proposte insieme al ministro tedesco Sigmar Gabriel. Abbiamo proposto dei percorsi. Soprattutto c’è bisogno di un programma di convergenza dell’economia, del fisco, del mercato del lavoro, c’è bisogno di un modello sociale, di politiche di solidarietà».
Lei preferisce un’Europa a due velocità.
«Già esiste, però io propongo un’Europa a doppio progetto, più che un’Europa a due velocità. E aggiungo che continuare come adesso nella zona euro non è possibile. Non muoversi significa accettare il fatto che fra dieci anni l’euro cesserà di esistere. Il dibattito va fatto democraticamente. Se non agiamo in fretta, la zona euro si dissolverà. O andiamo oltre o tutto verrà giù. Lo status quo e l’ambiguità ci conducono alla demolizione dell’Eurozona ».
La Francia oggi esercita il peso che le spetta nell’Unione Europea?
«La Francia deve giocare un ruolo storico. Dobbiamo avanzare. Dobbiamo costruire con altri Paesi un progetto rinnovato, che vada oltre la crisi greca».
E quale dev’essere, ora, la soluzione per la Grecia?
«Un compromesso. Con riforme ambiziose da parte della Grecia, ma senza distruggere l’economia del Paese, che ha sofferto molto per colpa dell’austerità. La Grecia deve approfondire le sue riforme strutturali. Più competitività non significa più austerità. E sarà necessario alleggerire il peso del debito per non affogare l’economia greca. E anche investimenti importanti, perché saranno fondamentali per sostenere la crescita».
Lei ha puntato subito sulla necessità di non rompere il dialogo e non pretendere un nuovo Trattato di Versailles con Atene.
«Abbiamo scartato subito questo rischio e ho detto che bisognava tenere aperta la porta della negoziazione, del dialogo. È necessario per Tsipras e per l’Europa. Ha vinto il no e Tsipras non è stato arrogante. Tsipras si è comportato intelligentemente proponendo di tornare al tavolo delle trattative. È importante riannodare il dialogo».
Ma lei è stato anche molto critico con Syriza.
«Sì. La sfida oggi consiste nell’aiutare la Grecia senza generare in altri Paesi che hanno fatto sforzi, come la Spagna o il Portogallo, l’impressione che tutto è più facile se si fa la voce grossa. È una cosa molto importante per me, e per questo ho usato parole dure con Syriza, che non sempre si è mostrata pienamente cooperativa. So già che quello che dico a molti non piace, ma credo che abbia commesso un errore di fondo. Qualcuno pensa che per difendere la Grecia nell’euro si debba giudicare Tsipras un eroe straordinario. Non è così ».