martedì 7 luglio 2015

La Stampa 7.7.15
Il referendum di Grillo e quello di Renzi
di Marcello Sorgi


Annoverato forse un po’ troppo frettolosamente nel fronte degli sconfitti dal «No» greco, Matteo Renzi ha trascorso la giornata di ieri, come tutti i leader europei, a valutare le prime conseguenze del risultato del referendum. Le dimissioni del ministro delle finanze di Atene Varoufakis e la decisione di Merkel e Hollande di riservare a Tsipras la prima mossa lo hanno convinto che, sì, un tentativo di mediazione è in corso, per scongiurare il pericolo ancora concreto di una «Grexit» dal sistema dell’euro, ma certamente il trionfo del «No» nelle urne non agevolerà molto la trattativa.
A dire la verità, Renzi, all’incontro bilaterale della scorsa settimana con la Cancelliera, era arrivato sperando di trovare uno spunto di negoziazione in ambito europeo per depotenziare il referendum. Ma a chi gli aveva parlato al ritorno, dopo le sue dichiarazioni perfettamente coincidenti con quelle della Merkel, il premier aveva spiegato che non aveva trovato nemmeno un centimetro di spazio di manovra, e solo dopo i risultati del voto se ne sarebbe potuto riparlare. Così, al di là delle esortazioni (e in questo senso, già domenica, è sceso in campo autorevolmente il Presidente Mattarella), fino a che non saranno chiare le intenzioni del governo greco, la Germania non si sposta. L’accenno alla «responsabilità», fatto ieri sera da Hollande e rivolto direttamente a Tsipras, è chiarissimo.
Renzi, dopo un incontro con il ministro dell’Economia Padoan, ha rassicurato sul fatto che l’Italia non è a rischio contagio. E ha valutato con i capigruppo Pd al Senato e alla Camera Zanda e Rosato l’andamento dei lavori parlamentari nel mese a venire. L’intenzione resta quella di portare al voto sia la riforma del Senato (su cui la maggioranza resta ballerina e con la minoranza Pd non è ancora maturata un’intesa), sia quella della Rai. Per evitare di mescolarle con l’offensiva che le opposizioni preparano per l’autunno sulle scadenze economiche e sulla legge di stabilità. Una manovra da almeno venti miliardi, come quella che si prepara, può diventare l’occasione per gli avversari del governo di rilanciare la battaglia contro l’Europa del rigore. E l’accoglienza benevola, fatta da quasi tutte le opposizioni, alla proposta di Grillo di un referendum «alla greca» sull’euro conferma i timori di un autunno caldo dentro e fuori le aule parlamentari. Resta il fatto che un referendum come quello proposto dal leader 5 stelle in Italia non è previsto dalla Costituzione. Mentre Renzi punta a fare quello sulla riforma costituzionale in accoppiata con le amministrative del 2016.