martedì 14 luglio 2015

La Stampa 14.7.15
Tsipras
Scaricato dalla sinistra il rinnovatore dimezzato pensa al nuovo governo
di Stefano Lepri


L’economia greca è già a terra. Le riforme imposte dall’Europa la aiuteranno a rimettersi in piedi?
Rimodernare una pubblica amministrazione strapiena di raccomandati politici, migliorare e rendere meno corrotta la riscossione delle tasse, sveltire la giustizia civile, sono obiettivi validissimi ma – sempre che ci si riesca – avranno poco effetto sull’economia nell’immediato. Liberalizzare settori protetti, come quello dei traghetti per le isole, eliminare privilegi e rendite di categorie, potrà dare una spinta alle attività oltre che ridurre il costo della vita. La speranza è tuttavia un’altra: che in cambio dell’obbligo a riforme in tempi stretti l’Europa conceda obiettivi meno stringenti per il bilancio dello Stato. Meno austerità, in breve. Questo va ancora definito nei dettagli.
Come se la caverà Tsipras, costretto a non realizzare quasi nulla del suo programma elettorale?
Una scissione del suo partito, Sýriza, appare inevitabile. Da sempre c’era una minoranza, la «Piattaforma di sinistra» incline a uscire dall’euro. La presidente del Parlamento Zoì Konstantopoulou è già pronta ad ostacolare la rapida conversione in legge delle misure pattuite; per sostituirla occorrerebbe raccogliere 151 voti precipitando la scissione.
Nella unica Camera («Voulì») su 300 deputati 149 appartengono oggi a Sýriza, 13 al partito di destra Anel che è l’alleato di governo. L’opposizione democratica, pronta a collaborare perché europeista, e composta dai 76 di Nea Dimokratìa (centro-destra), dai 17 di To Potami («Il fiume» nuovo partito di centro-sinistra) dai 13 socialisti. All’opposizione irriducibile ci sono i 17 nazisti di Alba Dorata e i 15 comunisti ancora di marca staliniana. Cosa fare di fronte a un ostruzionismo della Konstantopoulou sarà probabilmente il primo ostacolo. I deputati di Anel, che fa capo al ministro della Difesa Panos Kamménos, non paiono propensi a sfiduciarla.
Una spaccatura sottrarrebbe a Tsipras il ministro dell’Industria Panagiotis Lafazànis, nemico di ogni e qualsiasi privatizzazione, e altri tre membri del governo. Dei 149 deputati di Sýriza 17 hanno votato contro l’accordo con l’Europa e altri 15 hanno dichiarato di votare sì solo per disciplina di partito. Stando a queste cifre ne resterebbero 117; nella migliore delle ipotesi 135.
Ci sarà un nuovo governo?
Potami, fortemente europeista, è pronto a giungere in soccorso, senza bisogno di essere contraccambiato con posti nel governo; da solo tuttavia non sarebbe sufficiente. Una grande coalizione con Nea Dimokratìa («Nuova democrazia» ma anche «Nuova repubblica») e con i socialisti (Pasok), i due vecchi partiti che si alternavano al governo, darebbe un sostegno sicuro ma cancellerebbe l’impronta di rinnovamento. Entrambi sono considerati responsabili del clientelismo. Inoltre, una maggioranza di questo tipo lascerebbe ad Alba Dorata il monopolio dell’opposizione di destra. Per tutti questi motivi, una ipotesi che corre è l’appoggio esterno dei partiti democratici a un nuovo governo Tsipras dopo la scissione.
Si dovrà ricorrere a nuove elezioni?
In tempi brevi non è ritenuto possibile, date le gravi condizioni dell’economia. Ma dopo un voto parlamentare secondo schieramenti diversi da quelli usciti il 25 gennaio, sarà inevitabile tornare al voto prima o poi. Il ministro del Lavoro Panos Skourletis prevede che questo avverrà entro l’anno. La legge greca garantisce un forte premio in seggi al primo partito classificato; stando ai primi sondaggi Sýriza anche decurtata da una scissione sarebbe in grado di assicurarselo ugualmente.
Quale è il compito più urgente?
Senz’altro rimettere in piedi le banche. Un nuovo aiuto di liquidità autorizzato dalla Bce potrebbe permettere di riaprirle in settimana. Ma i quattro grandi istituti di credito che si dividono la maggior parte del mercato sono vicini ad essere tecnicamente falliti. Esiste il rischio che con le nuove regole dell’unione bancaria europea, si occorra anche decurtare tutti i depositi sopra i 100.000 euro. Non è una prospettiva tale da indurre al ritorno i capitali fuggiti. In questo modo potrebbe intervenire l’Esm, l’ente di salvataggio europeo, che ridurrebbe l’influenza dei vecchi gruppi di potere greci.