La Stampa 14.7.15
Resa dei conti, prime defezioni nel governo
Ma Tsipras incasserà il sì del Parlamento
di Alessandro Barbera
Atene si è svegliata per la terza volta in pochi anni con il piede fuori dal baratro e la vita scorre come se nulla fosse. Si notano solo le saracinesche delle banche ancora sbarrate, in attesa del via libera del Parlamento alle misure che Tsipras ha promesso di votare entro mercoledì.
Lunedì è scivolato via e non c’è ancora traccia della convocazione dei deputati. Possibile? Ad Atene tutto è possibile. Durante la giornata si sono rincorse voci di defezioni nelle file di Syriza e dei suoi alleati di governo. E’ scontento il ministro della Difesa Kammenos – leader del partito nazionalista di destra – sono scontenti il ministro dell’Ambiente Lafazanis, punto di riferimento della sinistra di Syriza, e la speaker del parlamento Zoe Constantopoulou, costretta a smentire chi la voleva dimissionaria.
Si è dimesso invece il numero due degli Affari europei Nikos Hountis, prontamente sostituito. Se non bastasse, l’ex ministro Varoufakis, immortalato dai paparazzi in una villa vista mare, ne approfitta per buttare la croce sul premier accusandolo di aver cestinato una sua proposta. Insomma, dentro al governo Tsipras è iniziata la resa dei conti. Però le conseguenze al momento non sembrano tali da portare alla crisi di governo. Kammenos definisce l’accordo inaccettabile, eppure non è intenzionato a lasciare l’esecutivo. Stessa cosa per Lafazanis e per i deputati della piattaforma di sinistra, pronti ad astenersi o uscire dall’aula. Quanti saranno ancora non è chiaro. «Siamo tutti arrabbiati, ma prima di prendere decisioni dobbiamo discutere», dice uno dei leader, Primikiris Vassilis. Le probabilità che Tsipras rimanga schiacciato da un no del Parlamento sono basse. Se persino un terzo dei suoi 145 deputati decidesse di non votare, il sì compatto degli altri partiti (Nea Demokratia, i socialisti del Pasok e To Potami) compenserebbe ogni defezione.
Negli inafferrabili bizantinismi della politica greca per Tsipras il problema inizia qui, e somiglia al destino di Matteo Renzi: troppo forte nel Paese per cadere, meno nel partito, senza il quale la strada delle riforme si riempie di ostacoli. Si dirà: sono le regole della politica.
Ma per Tsipras rischia di diventare una fatica di Ercole, perché allo stesso tempo dovrà tenere a bada i creditori. Molti ad Atene credono che dopo l’estate Tsipras si dimetterà e cercherà di rafforzarsi con nuove elezioni: la stessa intenzione che da più di un anno viene attribuita a Renzi. La verità è che oggi l’urgenza del governare Paesi come l’Italia o la Grecia non permette di perdersi in giochi politici che potevano funzionare venti o trent’anni fa.
L’accordo firmato da Tsipras con l’Ue prevede scadenze stringenti alle quali la politica greca non è abituata. Se Syriza vuol vedere le banche riaperte, entro mercoledì sera dovrà aver approvato il primo pacchetto. A quel punto, giovedì mattina, dopo una riunione dell’Eurogruppo, la Bce deciderà se riaprire i rubinetti della liquidità, quelli che oggi permettono ai greci di ritirare al bancomat solo 20 euro al giorno. «Ciò che conta oggi è aver evitato lo scenario peggiore», dice Yanis Balafas, uno dei deputati più vicini a Tipras. La Grecia naviga ancora a vista, l’approdo resta lontano.