La Stampa 13.7.15
Ultimatum impossibile alla Grecia
“Riforme approvate entro 3 giorni”
Imposte misure durissime su privatizzazioni e fisco in cambio di 82 miliardi
I greci: condizioni umilianti. La troika torna ad Atene per monitorare i lavori
di Marco Zatterin
Una missione impossibile o quasi. Per salvare Atene dalla bancarotta, l’Eurozona chiede a Tsipras di fare in 72 ore le riforme che il Paese non ha realizzato in anni, dal fisco alle pensioni. È l’effetto della sfiducia tedesca, la linea voluta dai duri. «Così ci umiliate», hanno protestato i greci. Ma il «no» referendario ha cambiato le cose. Ha ristretto la scelta fra il rigore e l’addio all’euro.
È stata la peggiore domenica della sua vita a una settimana da una delle più radiose. Avviare il negoziato con un programma di salvataggio da 82-86 miliardi, il terzo dal 2010, secondo il club dei falchi guidato dalla Germania richiede all’Europa di imporre delle condizioni drammatiche al governo di Alexis Tsipras. Atene dovrà meritarsi l’aiuto approvando entro tre giorni un corposo pacchetto di riforme, e poi sottoponendosi a una serie di forche caudine, fra cui un fondo da 50 miliardi per garantire le privatizzazioni, una riforma drastica del mercato del lavoro e l’accettazione del controllo sistematico dei creditori, come dire il ritorno della Troika. L’alternativa è l’uscita dall’euro, il fallimento bancario, il collasso dell’economia. «Queste sono le regole - ha detto un diplomatico tedesco -. Vogliamo esser certi che sia l’ultima volta che li rimettiamo in carreggiata».
Sessione drammatica, ieri all’Eurosummit. A tarda sera i leader del club della moneta unica erano ancora riuniti a discutere una dichiarazione finale con tutte le potenzialità dello spartiacque, un testo in grado di avviare l’epilogo dell’estenuante vicenda debitoria ellenica, ma anche di incrinare l’immagine dell’Europa «culla di solidarietà» con condizioni severe al punto da parere offensive. «Un cattivo accordo è peggio di nessun accordo», aveva avvertito la cancelliera tedesca Angela Merkel. Francesi e italiani hanno cercato di fermare l’onda costruita sulla sfiducia generata dai pochi mesi di Tsipras al potere e amplificata dal referendum del 5 luglio. Quando il summit si è tuffato nella notte, più fonti confessavano la sensazione di assistere a una violenta operazione di rivalsa collettiva ai danni del leader di Syriza.
In principio c’era stato l’Eurogruppo, il conclave del ministri dell’Economia, il secondo tempo della partita cominciata sabato sera e interrotta per sopraggiunte tensioni fra Wolfgang Schäuble e Mario Draghi. Sotto il plumbeo cielo domenicale di Bruxelles, nel primo pomeriggio è spuntato un documento ufficioso destinato ai leader di Eurolandia. Una base per una decisione che, attraversata la strada e arrivata nella sede del Consiglio, ha fatto sobbalzare molti pezzi grossi. Il testo andava in modo sensibile oltre la proposta di «azioni prioritarie» inviata dai greci giovedì e gradita ai creditori, cioè a Ue, Fmi e Bce. Ne inaspriva i contenuti, aumentando la condizionalità del possibile salvataggio.
La punta più acuminata era nella frase secondo cui «in caso di mancato accordo, alla Grecia dovrebbe essere offerto un rapido negoziato per una uscita temporanea dall’Eurozona». Un’idea tedesca. Una mossa che subito allarmava il capo del summit, Donald Tusk, preoccupato di scrivere la parola Grexit in un documento ufficiale dell’Unione. Per ragioni politiche, ma anche perché i Trattati non la prevedono. Eppure Frau Merkel insisteva seguita da molti: baltici, iberici, est europei, finlandesi. Era un modo per costringere Tsipras a gettare la spugna? «Consideriamo l’ultimo testo dell’Eurosummit umiliante e disastroso - reagivano i greci -. Il fondo da 50 miliardi è fuori dal mondo».
Solo oggi si potrà valutare l’esatta portata dell’intesa. Se va ci sarà accordo, Atene ha tre giorni per fare quattro riforme chiave (Iva, pensioni, nuovo codice civile per i processi, riforma legge fallimento bancario). Giovedì l’Eurogruppo potrà allora dare il via al negoziato per il terzo programma, cosa che richiederà «molte settimane». Nel frattempo la Bce potrà riprendere a fornire liquidità alle banche greche e si dovrà trovare un modo per dare i soldi di cui i greci hanno bisogno per rimborsare Francoforte lunedì (3,5 miliardi) e magari anche il Fmi (2 miliardi).
In caso contrario, rimarrebbero poche speranze di tenere la Grecia nell’euro, e qualche dubbio sul senso dell’Europa sarebbe giustificato. Sul senso della solidarietà, sulla capacità di rispettare le regole, sui format, sulla leadership. Non è piaciuta la riunione a quattro (greci, francesi, tedeschi e Tusk) in cui si è tentato di smussare gli angoli. Una fonte governativa ha commentato amara che «quello è una formula della quale abbiamo scelto di non fare parte e che, comunque, non ha dato risultati». Se va bene, l’Eurozona avanzerà ferita e la Grecia entrerà in un tunnel che si è anche andata a cercare. Se va male, il conto potrebbe essere salato e colpire tutti per molti e molti anni.