venerdì 10 luglio 2015

La Stampa 10.7.15
Sfida e timori, così i presidi vedono i loro nuovi poteri
La critica più diffusa: non sappiamo quali criteri usare
di Flavia Amabile


Presidi e insegnanti, come sarà il loro rapporto in futuro? Amore? Odio? Reciproco interesse? È tutto da vedere e la risposta sarà probabilmente diversa da istituto a istituto ma di sicuro è questo uno dei punti della riforma che sta creando più timori fra gli addetti ai lavori e anche nel vasto mondo dei genitori che sanno bene che in una scuola dove l’atmosfera è carica di tensioni difficilmente gli insegnanti lavoreranno bene e quindi i loro figli verranno messi nelle condizioni di imparare nel migliore dei modi.
I nuovi poteri dei presidi nei confronti dei loro insegnanti saranno di diverso tipo. Da un lato scelgono attraverso la chiamata diretta a chi affidare gli incarichi triennali e rinnovabili. In questa fase devono tener presente le esigenze precisate nel Piano dell’Offerta Formativa messo a punto ogni tre anni con il collegio dei docenti ma anche il curriculum, le esperienze e le competenze professionali di coloro che lavoreranno nella sua scuola. Ma potranno anche distribuire premi ai docenti più meritevoli. Il Governo ha previsto 200 milioni di euro per il 2016 e la scelta dei destinatari di questi soldi non è più il preside ma è stata affidata a un Comitato di valutazione che resta in carica per tre anni.
Ce n’è abbastanza per non dormire la notte. Giorgio Rembado, presidente dell’Associazione nazionale presidi, assicura che tutto andrà bene. «I criteri per la valutazione degli insegnanti saranno definiti dal Comitato. Esistono poi dei limiti posti dalla norma, soltanto alla fine il preside esprimerà la sua valutazione». Difficoltà? «I dirigenti non dovranno effettuare valutazioni necessariamente legate alla conoscenza della materia, è un giudizio molto più ampio. Poi, è chiaro che può esserci il dirigente più o meno bravo. In ogni caso nella maggior parte del mondo i poteri dei presidi sono molto più elevati e questo non crea alcun problema».
Ad ammettere che per i capi d’istituto non sarà poi tutto così semplice è Roberto Pellegatta, presidente dell’associazione dirigenti Disal. «La vera novità di questa riforma è l’aspetto economico, dai presidi dipenderanno i premi da assegnare agli insegnanti più meritevoli. Purtroppo però il testo non dice chiaramente come deve essere effettuata la valutazione lasciando quindi spazio alla discrezionalità che inevitabilmente creerà problemi. Una seconda difficoltà è anche più generale: da venti anni non esiste più la cultura della valutazione e del merito nelle scuole, veniamo da un periodo di cultura impiegatizia che non sarà facile cambiare».
Piuttosto pessimista anche Lorenzo Varaldo, dirigente e presidente del Manifesto dei 500, movimento per la difesa della scuola pubblica. «Sarà inevitabile che i presidi facciano una valutazione soggettiva basata sulle loro idee e competenza. È facile prevedere che si potrà andare incontro ad una lesione della libertà d’insegnamento. Come si seleziona? Su quali basi? Potrebbero esserci presidi che hanno sempre insegnato nelle scuole superiori incapaci di capire come si lavora alla primaria. Gli slogan funzionano in politica, la realtà è diversa e molti presidi con cui ho parlato sono sinceramente preoccupati».