domenica 5 luglio 2015

Il Sole 5.7.15
«Oxi» o «nai»? Greci divisi tra ragione e sentimento
di Roberto Bongiorni


ATENE «Le ingiuste condizioni imposte della troika non hanno nulla a che vedere con i principi e le idee che hanno ispirato la nascita dell’Unione Europea prima, e poi quella dell’Unione monetaria. Votare “no” è un gesto di dignità». Nega Thanassis, 60 anni, ha tante certezze e pochi dubbi. Le certezze sono che, comunque andrà a finire, i greci avranno davanti a loro tempi durissimi. Il solo dubbio riguarda l’esito del referendum di oggi.
Ad Atene si avverte un clima di calma, quasi fosse una sabato ordinario, silenzioso, e non la vigilia di un grande evento, capace di segnare solo le sorti della Grecia e forse dell’Europa intera. Difficile comprendere se prevarrà il partito del Nai (sì) o piuttosto quello dell’Oxi (no) voluto dal governo di Alexis Tsipras. I sondaggi diffusi fino a venerdì segnalano un testa a testa.
In ognuno dei due gruppi si percepisce tuttavia una convinzione. Nelle parole dei favorevoli all’accordo emerge la paura di chi pensa che, nel caso prevalgano i no, la Grecia uscirà dall’euro. Nel partito dei no, invece, sembra radicata la convinzione che la bocciatura delle proposte non riporterà alla dracma, ma semplicemente a una posizione negoziale più forte nelle prossime trattative – se mai ci saranno - con il gruppo dei creditori. Come ha affermato venerdì sera Tsipras in piazza Syntagma, gremita per l’occasione.
Ed è proprio in questa piazza che Nega Thanassis continua il suo ragionamento. Imprenditore di una compagnia che importa materie prime tessili, precisa: «Due anni fa sono stato costretto a licenziare due miei impiegati. Eravamo come una famiglia allargata. E temo che ne perderò un altro. Ne resteranno solo due. E ora, a causa del controllo sui capitali (deciso lunedì scorso, ndr), i miei fornitori non mi mandano più le merci. Non si fidano più, e non ho contanti a sufficienza. Il mio timore è che le banche non riapriranno all’inizio della settimana come annunciato».
Cento metri più in là, Kostas Mallios, 40 anni, proprietario di un chiosco che vende sigarette, è rassegnato. «Temo che comunque non usciremo da questa crisi. Il no mi sembra la risposta più sensata, più dignitosa». Nel suo fluente inglese una donna elegante, accetta di parlare a condizione di non rivelare il suo nome. «Con la testa voto sì, ma con il cuore no. Perché se la ragione mi impone di accettare le proposte della troika, di provare a risalire faticosamente la china, quando ascolto le mie emozioni, dalla mia pancia sale una sensazione di rabbia per l’umiliazione e i sacrifici a cui siamo stati sottoposti. Ma occorre agire con la testa. Spero che i greci facciano altrettanto e votino sì».
Con pazienza la gente attende il turno in fila ai bancomat per prelevare i 60 euro giornalieri. Anche Zina dottoressa specializzata in nefrologia. Voterà sì. È al corrente del crollo del Pil degli ultimi anni, pari al 25%, del debito ormai al 180% del Prodotto interno lordo, della crescente deflazione. Ma non è d’accordo che siano tutti mali partoriti dalle misure di austerità imposte dalla troika che, secondo i sostenitori del no, ha fatto terra bruciata inghiottendo ogni germoglio di crescita. «Desidero che la Grecia risolva i suoi problemi e resti in Europa, anche a costo di grandi sacrifici. Voterò sì. Bisogna rimediare alle ingiustizie compiute dai governi precedenti».
Più istintiva la risposta di Alexander Kolaittidis, 53 anni, proprietario di una compagnia di autobus. «Fuori dall’Europa non c’è futuro. Diventeremmo come il Venezuela. Voterò sì».
Yota, 36 anni impiegata di una compagnia farmaceutica, fa parte di quel gruppo di indecisi (secondo i sondaggi circa l’11%) che oggi saranno l’ago della bilancia. «Non riesco a capire chi dica la verità. So solo che con le restrizioni bancarie non riesco più a pagare l’affitto. E temo di perdere il lavoro. Forse voterò sì».
È la paura, infatti, che potrebbe spingere gli indecisi a votare sì, a non dover più restare senza contanti. Non pochi temono che la liquidità a disposizione delle banche greche – un miliardo di euro, alcune fonti sostengono la metà – si esaurisca domani. E che la Bce non sarà così generosa in caso di vittoria del no.