venerdì 3 luglio 2015

il Sole 3.7.15
Se Atene «divide» Berlusconi e Salvini
E Renzi ritrova un alleato
di Lina Palmerini


Quasi tutti tifano Tsipras. E Renzi sarebbe rimasto da solo se ieri non si fosse aggiunto Berlusconi. Una mossa che spiazza Salvini e che il premier potrebbe cogliere. C’è chi in queste ore sta partendo per Atene e chi resta a casa ma la gran parte della politica italiana da Grillo, Sel, la minoranza Pd, fino a Salvini è per il no al referendum greco e sostanzialmente per il no all’euro visto che quella è la posta in gioco.
Renzi sarebbe rimasto solo a sostenere il fronte europeista se non fosse per una voce che da ieri si è aggiunta, quella di Silvio Berlusconi. Con una lettera al Giornale l’ex premier non si schiera con Tsipras che definisce “rappresentante della sinistra peggiore, un mix di ideologia e demagogia anticapitalista dagli effetti disastrosi”. Insomma, dopo giorni in cui vari esponenti di Forza Italia parlavano in ordine sparso, il Cavaliere dice una parola chiara: restare dentro il progetto europeo ma promuovendo cambiamenti profondi. E cioè “ridiscutere a fondo, radicalmente, le regole di convivenza e non per smantellare l’Europa ma per consentire di andare avanti”. Uno scarto notevole rispetto alle posizioni di Salvini che sostiene Tsipras sul “no” al referendum e a giorni alterni chiede la fine della moneta unica e l’uscita dall’Europa.
Invece Berlusconi ha riportato il “suo” centro-destra tra le famiglie politiche europee sia pure in una posizione fortemente critica sulle scelte della Ue - e Berlino - di questi anni, sul suo Governo e sulla Grecia. Segno che la partita sulle appartenenze in Europa rischia di essere un nodo cruciale nell’alleanza con Salvini. Ma il suo intervento ha un altro effetto. Non mettendo in discussione l’euro ma sostenendo una svolta, soprattutto sul fronte economico, si può creare un asse con Renzi. In fondo è quello il tema: senza sviluppo e occupazione l’Europa e l’euro non reggono. Bene, su questo punto il premier può e dovrebbe cercare una sponda in Berlusconi. E la prima ragione è che da solo non riuscirà a sconfiggere i populismi italiani di destra e di sinistra.
In un ipotetico ballottaggio si troverebbe, infatti, contro un unico fronte anti-euro: è vero che è disomogeneo come si vede dalle partenze verso Atene che mettono insieme Di Battista con Scotto, D’Attorre e l’appoggio a distanza di Salvini ma è anche vero che sono in grado di compattarsi e fare massa critica. E soprattutto hanno un messaggio molto chiaro, un linguaggio esplicito in grado di catturare molti più consensi di quanto non facciano le parole - più timide e ambigue - degli europeisti.
Dunque non è interesse di Renzi lasciare che Forza Italia venga risucchiata dalle campagne anti-euro di Salvini. La battaglia non la può vincere da solo contro tutti. Per cercare un consenso sull’euro non è sufficiente un messaggio solo agli elettori del centro-sinistra ma serve anche chi parli al centro-destra. E non è interesse nemmeno dello schieramento pro-euro, da Berlino a Bruxelles, che in Italia un partito del Ppe venga assorbito da chi in Europa sta nel gruppo parlamentare con Marine Le Pen. Insomma, c’è una ragione nazionale che si intreccia pure con una più europeista e suggerisce di cercare un dialogo, un confronto con il partito di Berlusconi che proprio in quella lettera respinge le tesi di “un rigore senza sviluppo” e mette in fila una serie di proposte di cambiamento. Tornare insomma a due partiti che da parti opposte facciano forza contro le rigidità Ue ma agendo dentro lo stesso recinto europeista. Come accade altrove e come era pure in Grecia prima degli errori dell’Europa che hanno aperto la strada a Tsipras.