Il Sole 16.7.15
Cina: l’economia corre, la Borsa frena
Il Pil cresce del 7% e supera le attese, ma il listino di Shanghai torna a perdere (-3%)
di Corrado Poggi
Un raggio di sole per l’economia reale e una doccia fredda per i mercati finanziari. La consueta divergenza che si riscontra in tempi di politiche aggressive di stimolo alla crescita, si è verificata anche ieri con decisione alla Borsa di Shanghai dopo che il governo ha reso noto il dato di crescita del Pil nel secondo trimestre, risultato, con un +7% su base annua, lievemente superiore alle attese degli analisti (+6,9%) e in linea con la performance dei tre mesi precedenti. Il riflesso immediato degli investitori, peraltro scottati da un mese orribile, è stato quello di tornare a vendere i titoli sul calcolo che l’esecutivo sarà ora meno incentivato a continuare a premere sull’acceleratore delle manovre espansive e degli investimenti straordinari.
Posto che questo rimane ancora possibile visto che la situazione è estremamente fluida, la reazione del mercato di Shanghai è indicativa del grado di tensione e incertezza che si respira al momento sulla piazza. Con la flessione del 3,03% accusata ieri, il Shanghai Composite Index, nonostante tre sedute consecutive di rialzi che le avevano permesso di risalire circa del 13%, si trova ora sotto del 26,3% rispetto al massimo di questa fase congiunturale toccato il 12 giugno scorso. Nel mezzo sono andati bruciati oltre 3000 miliardi di dollari, numeri da capogiro che tuttavia vanno contestualizzati con quelli ancora più incredibili registrati nel corso dell’ultimo anno, quando la borsa ha guadagnato circa il 150%.
La ragione di questo andamento irrazionale, spiegano gli esperti, è da ricercare proprio nelle politiche del governo che allo scopo di centrare l’obiettivo di crescita dell’economia del 7% annuo hanno incentivato con ogni mezzo i cittadini a investire nei mercati azionari ora che il settore immobiliare, dopo anni di crescita bulimica, è giunto al limite della saturazione. Per consentire il massimo flusso possibile di liquidità verso la Borsa, le autorità cinesi hanno persino permesso ai privati di impegnare la propria casa come collaterale e questo ha scatenato una speculazione indiscriminata sui mercati con gli investitori che si sono gettati in massa a comprare i “growth stocks” senza alcuna considerazione per i livelli di valutazione già raggiunti.
Quando un mese fa è stato toccato l’apice ed è iniziata la fase discendente, la medesima speculazione indiscriminata ha tuttavia funzionato anche al ribasso e gli investitori si sono affrettati a vendere in massa i titoli anche perché per molti di quelli che avevano comprato a margine, cioè con soldi presi a prestito dai broker, sono scattate le richieste di rientro immediato. Due settimane fa il governo è così intervenuto nuovamente con misure draconiane: divieto per gli azionisti che detengono quote superiori al 5% di una società di vendere per sei mesi, taglio dei tassi di interessi a nuovi minimi storici, limiti alle possibilità di vendere allo scoperto, sospensione di tutte le Ipo e rilassamento degli standard per accedere a prestiti e finanziamenti.
Tutte mosse che ci si aspettava potessero avere un effetto esplosivo sulla Borsa e invece l’impatto è stato modesto e di breve durata. Nei giorni scorsi le autorità hanno pertanto permesso un’altra misura straordinaria: la sospensione delle attività di trading sui titoli a maggior rischio di ribasso, il che peraltro non ha fatto altro che concentrare le vendite sugli stock rimasti in quotazione. Ieri ne risultavano sospesi ancora 696, circa un quarto del totale, sebbene in netto miglioramento rispetto a una settimana fa quando erano 1.476.
Alla luce di quella che già ora è la peggiore correzione dal 1992, alcuni analisti ritengono che la Borsa di Shanghai sia ormai entrata in un mercato dell’orso destinato a durare anni. Non tutti ad ogni sposano la tesi catastrofista. Se da una parte il capoeconomista uscente del Fondo Monetario Internazionale, Olivier Blanchard, si è detto certo che le autorità cinesi dispongano degli strumenti per evitare un ulteriore deterioramento dei mercati, dall’altra alcune banche di investimento hanno invitato a rimanere vigili alle occasioni offerte dal momento. «Noi rimaniamo pienamente investiti nel mercato», ha dichiarato Robert Bao, money manager di Fidelity, che si è detto «alquanto fiducioso nei fondamentali dell’economia». Simile l’analisi di Kinger Lau, strategist di Goldman Sachs, secondo cui il governo cinese manterrà il suo pieno supporto all’economia permettendo ai mercati di mettere a segno un rally di oltre il 20% nei prossimi dodici mesi. Al momento tuttavia la prudenza sembra d’obbligo e sembra essere la linea seguita dagli investitori stranieri che ieri per il settimo giorno consecutivo hanno tolto capitale dal mercato azionario di Shanghai tramite un trading link con Hong Kong. È la striscia più lunga da quando questo canale finanziario è stato istituito lo scorso novembre.