Il Sole 10.7.15
Squinzi: situazione difficile Il sindacato deve capire
«La ripresa non c’è ancora, cambiare modello di relazioni industriali»
di Nicoletta Picchio
Roma «Guardando l’atteggiamento che hanno avuto all’incontro di mercoledì sera dovrei essere deluso. Invece resto ottimista: mi auguro che i sindacati capiscano le difficoltà del momento e prevalga il buon senso». Giorgio Squinzi commenta il faccia a faccia dell’altra sera con i tre segretari generali di Cgil, Cisl e Uil e spiega perché «bisogna mettercela tutta, andando avanti a tappe forzate» per trovare un nuovo modello di relazioni industriali che stia al passo con le esigenze di competitività del Paese. «Gli altri vanno avanti alla velocità del suono e noi con le diligenze a cavallo», ha detto Squinzi all’assemblea degli industriali di Firenze.
«Abbiamo passato il periodo peggiore ma di qui a dire che c’è la ripartenza ce ne corre, non sento ancora la necessità di allacciare le cinture». Servono le riforme, certamente: «Ne abbiamo un disperato bisogno». Ma anche nuove relazioni sindacali, con un ruolo forte del contratto nazionale, che colga le opportunità del Jobs act, favorendo le assunzioni a tempo indeterminato, e «regoli le relazioni industriali di base» dando più spazio ai contratti aziendali, non aggiuntivi ma con aumenti salariali legati alla produttività. E se il leader della Fiom, Maurizio Landini, ha accusato Squinzi di voler fare come Marchionne, la risposta è stata: «Non ha informazioni corrette, il contratto nazionale è irrinunciabile, abbiamo 150mila aziende associate, sarebbe impossibile firmare tutti questi singoli contratti aziendali». Le imprese, ha aggiunto, «sono allo spasimo, non possono dare soldi senza incrementi di produttività, i 250 casi di crisi al ministero dello Sviluppo derivano dall’incapacità di prendere decisioni». Ecco perché prima di avviare le trattativa dei contratti in scadenza (metalmeccanici, tessili, alimentari e chimici) bisogna creare un modello contrattuale «più coerente, capace di interpretare cosa sta accadendo nel Paese». Sono questi gli argomenti che ha sollevato mercoledì sera, nel colloquio con Cgil, Cisl e Uil. Prima dell’incontro, parlando pubblicamente, Squinzi aveva detto «metterò i sindacati con le spalle al muro». Ieri ha spiegato il senso di queste parole: «Ho presentato ai sindacati la situazione del Paese, di estrema difficoltà. Devono prendersi le loro responsabilità. Abbiamo siglato un accordo sulla rappresentanza due anni fa e non siamo ancora riusciti ad applicarlo». Non si può più andare avanti «con i rituali del passato». Anche perché «se non ci sbrighiamo ad arrivare ad un accordo su un nuovo sistema di relazioni industriali c’è il pericolo che il governo intervenga. A quel punto i sindacati rischiano tanto, non dico la scomparsa ma un indebolimento del proprio potere negoziale». Diversa è la posizione di Confindustria, ha detto Squinzi, riferendosi al rapporto tra governo e corpi intermedi: «Non ho paura che Renzi possa rottamare Confindustria e lo garantisco ai miei associati. Siamo 150mila aziende iscritte, che pagano le tasse in Italia e danno lavoro a 6 milioni di persone. Non si può rottamare una rappresentanza di questo tipo». Sulla riforma contrattuale, ha spiegato Squinzi, «i sindacati non sono d’accordo tra di loro, ho avuto la sensazione che aspettino qualcosa che li metta in una migliore posizione di negoziazione rispetto a quella in cui sono ora».
Bisogna accelerare anche sulle riforme: il governo ci sta mettendo determinazione, «ma siamo ancora al 10% di ciò che serve al Paese». E poi c’è quella «manina anti-impresa» che nel caso di Fincantieri secondo Squinzi è diventata una vera «manona» che ostacola la crescita delle industrie. Anche sul caso Ilva, secondo Squinzi, bisogna trovare una soluzione: «Senza l’acciaio saremo un Paese più piccolo, scenderemo di rango nella graduatoria dei paesi industrializzati». Invece «è solo dalle imprese che può arrivare la ripresa». Il +0,3 del primo trimestre è dovuto soprattutto a fattori esterni, «nel secondo trimestre mi sarei aspettato +0,5-+0,6» e invece secondo il Csc sarà +0,2. Dobbiamo fare «le nostre pulizie domestiche», così come deve agire anche l’Europa: «questa Ue burocratica non mi piace, serve una spinta politica forte», il caso Grecia è la prova che manca.