venerdì 10 luglio 2015

La Stampa 10.7.15
Il Papa incendia la sua America: “Questa economia va cambiata”
In Bolivia l’incontro con i movimenti della Teologia della liberazione
di Andrea Tornielli


«Insisto: noi vogliamo un vero cambiamento, un cambiamento delle strutture. Questo sistema non regge più, non lo sopportano i contadini, i lavoratori, le comunità, i villaggi... E non lo sopporta più la Terra». Nell’Expo Feria di Santa Cruz in Bolivia, Francesco conclude il secondo incontro mondiale dei movimenti popolari e presenta un manifesto, quasi una nuova enciclica sociale. Un pugno nello stomaco al sistema che «continua a negare a miliardi di fratelli i più elementari diritti economici, sociali e culturali». Questo sistema, grida Bergoglio, «attenta al progetto di Gesù».
L’abbraccio degli «esclusi»
Ad abbracciare il primo Papa latinoamericano ci sono i rappresentanti di quegli «esclusi» che hanno deciso di organizzarsi: lavoratori precari e dell’economia informale, migranti, indigeni, contadini «sem terra» e abitanti di zone periferiche, i cartoneros argentini che vivono raccogliendo la carta gettata via, i riciclatori di scarti e rifiuti dell’Ecuador, la rete antimafia Libera. Un’umanità varia, colorata e «alternativa», che viene ora consacrata dal sostegno di Francesco: «Sappiamo riconoscere che le cose non stanno andando bene in un mondo dove ci sono tanti contadini senza terra, molte famiglie senza casa, molti lavoratori senza diritti, molte persone ferite nella loro dignità» insieme a «guerre insensate» e «violenza fratricida? ».
«Dopo tanto dolore, tanta morte e distruzione si sente il tanfo di ciò che Basilio di Cesarea chiamava lo “sterco del diavolo”. L’ambizione sfrenata di denaro che domina. E il servizio al bene comune passa in secondo piano. Quando il capitale diventa idolo e dirige le scelte degli esseri umani, quando l’avidità di denaro controlla l’intero sistema socioeconomico, rovina la società» schiavizza l’uomo e «minaccia anche questa nostra casa comune».
«Passare all’azione»
Che cosa possono fare i poveri e gli esclusi? «Voi potete fare e fate molto. Oserei dire - dice il Papa - che il futuro dell’umanità è in gran parte nelle vostre mani, nella vostra capacità di organizzare e promuovere alternative creative nella ricerca quotidiana di lavoro, casa e terra».
Non basta la «teorizzazione astratta» o «l’indignazione elegante». Bisogna avviare «processi di cambiamento» afferma Bergoglio, non aspettare o confidare in scelte politiche dall’alto, perché «un cambiamento di strutture che non sia accompagnato da una sincera conversione degli atteggiamenti e del cuore» finisce per «corrompersi e soccombere». Certo, Francesco ribadisce che la Chiesa non ha ricette da offrire per risolvere i problemi e che in fondo «non esiste una ricetta». Ma indica una strada, citando come primo compito «quello di mettere l’economia al servizio dei popoli». Un’economia giusta «deve creare le condizioni affinché ogni persona possa godere di un’infanzia senza privazioni, sviluppare i propri talenti nella giovinezza, lavorare con pieni diritti durante gli anni di attività e accedere a una pensione dignitosa nell’anzianità». Questa economia «non è un’utopia» ma una prospettiva «estremamente realistica». Francesco ricorda che l’equa distribuzione dei frutti della terra e del lavoro non è «filantropia», ma «un dovere morale e «per i cristiani un comandamento».
Il secondo compito è quello di «unire i popoli» nel cammino «della pace e della giustizia». «I popoli del mondo vogliono essere artefici del proprio destino. Non vogliono tutele o ingerenze... Nessun potere ha il diritto di privare i paesi poveri del pieno esercizio della propria sovranità e, quando lo fanno, vediamo nuove forme di colonialismo». Un colonialismo che adotta anche la faccia del «potere anonimo dell’idolo denaro» e impone «mezzi di “austerità” che aggiustano sempre la cinta dei lavoratori e dei poveri». Un colonialismo che crea «povertà e migrazioni forzate». Questa inequità «genera violenza che nessuna polizia, militari o servizi segreti sono in grado di fermare».
I peccati contro gli indigeni
Francesco riconosce che «in nome di Dio» si sono commessi «molti e gravi peccati contro i popoli» nativi dell’America. E chiede «umilmente perdono» per «i crimini contro le popolazioni indigene» durante la Conquista. La Chiesa è parte dell’identità di questi popoli, conclude il Papa, e «alcuni poteri sono determinati a cancellarla, perché la nostra fede è rivoluzionaria e sfida la tirannia dell’idolo denaro». Infine ricorda che in Medio Oriente e in altre parti del mondo si assassinano «molti nostri fratelli a causa della loro fede in Gesù», un «genocidio» che «deve fermarsi».