domenica 5 luglio 2015

Corriere Salute 5.7.15
Terapie potenti usate (anche) a sproposito
di D. d. D.


Servono antidepressivi e ansiolitici nella depressione minore ? Quando la depressione è di lieve entità, quindi minore o sottosoglia , l’efficacia degli antidepressivi non è diversa da quella del placebo.
Lo conclude una revisione sistematica della letteratura scientifica sull’argomento realizzata da ricercatori guidati da Corrado Barbui, professore di psichiatria all’Università di Verona, e pubblicata sul British Journal of Psychiatry.
«I farmaci antidepressivi non danno un beneficio aggiuntivo apprezzabile nelle forme depressive minori o sottosoglia — dice Barbui —. Questo induce la maggior parte delle linee guida sul trattamento della depressione a suggerire di non utilizzarli in tali forme, visto che, oltretutto, possono provocare effetti collaterali e hanno un costo. Il loro impiego andrebbe riservato alle forme depressive maggiori di intensità medio-grave. Nelle forme depressive minori vengono suggeriti approcci di tipo psicologico che possano supportare il paziente, fornendogli quantomeno fattori curativi come la presa in carico, il vissuto positivo di essere curati, ed altri ancora, che di per sé hanno valore terapeutico». I dati delle sperimentazioni indicano che per gli antidepressivi esistono prove di efficacia solo nel trattamento della depressione maggiore.
«Ciò perché le sperimentazioni rilevano l’effetto dei farmaci soprattutto nelle forme medio-gravi — chiarisce Corrado Barbui —. Si deve immaginare l’esistenza di un continuum in ordine crescente di gravità: la depressione sottosoglia, la depressione maggiore di lieve gravità, di media gravità, di elevata gravità. L’efficacia degli antidepressivi aumenta al crescere di questo continuum depressivo, e diventa rilevante nelle forme maggiori di intensità medio-grave».
Tale indicazione è spesso disattesa, anche se non ci sono dati disponibili sulle reali prescrizioni in Italia.
«Sui consumi di antidepressivi sono disponibili i dati del rapporto OSMED del 2013, che non sono suddivisi per diagnosi, quindi non ci aiutano a capire — spiega Barbui —. Indicano che l’uso di antidepressivi è cresciuto costantemente nell’arco degli ultimi anni. Nel 2013 circa 40 persone ogni 1000 hanno assunto una dose di antidepressivo ogni giorno. Dati europei e nord-americani mostrano come vi sia da una parte una quota di persone con depressione maggiore di intensità moderata-grave che non è trattata, e dall’altra persone trattate con antidepressivi senza una diagnosi di depressione maggiore di intensità moderata-grave. Ossia, il medico “sbaglia la mira”, nel senso che non tratta soggetti che dovrebbero essere trattati, e tratta soggetti che potrebbero non averne bisogno».
In molti casi, poi, forme sottosoglia di depressione sono trattate con benzodiazepine, che hanno un’azione contro l’ansia e nessuna efficacia antidepressiva.
«Il fatto è che in circa due casi su tre le forme depressive si accompagnano a sintomi ansiosi e a insonnia, sintomi sui quali le benzodiazepine sono piuttosto efficaci — chiarisce il professor Barbui —. Anche il consumo di benzodiazepine è in aumento negli anni, specie nelle regioni del nord».
Dunque, per il trattamento delle forme depressive di minore entità bisognerebbe evitare farmaci e ricorrere ai trattamenti psicoterapici, per i quali esistono prove di buona efficacia. Però sono trattamenti non sempre e ovunque disponibili, e di solito costosi e a carico del singolo malato.
«Le forme di psicoterapia per le quali esistono buone prove di efficacia sono soprattutto quella cognitivo-comportamentale , la psicoterapia interpersonale e la problem-solving therapy . Da notare, tuttavia, che anche il semplice esercizio fisico ha un’efficacia contro la depressione moderata» conclude Corrado Barbui.