giovedì 9 luglio 2015

Corriere 9.7.15
Speculazione e azzardo di massa Così è maturato il ‘29 di Pechino
Almeno 90 milioni di investitori sono contadini e «principianti»
di Guido Santevecchi


Pechino Ora in Asia dicono: «Dimenticate la tragedia greca, che fino a domenica è in intervallo e rispetto alla Cina rischia di essere solo una commedia». In effetti, se si parla di numeri, i tremila miliardi di dollari e passa persi da Shanghai e Shenzhen in meno di un mese sono circa 15 volte il Pil della Grecia nel 2014, oltre sette volte il debito di Atene. L’Asia, dal Giappone alla Corea, teme il contagio del mercato cinese.
Ma vista da Pechino, la disfatta della Borsa ha un significato politico ancora più grave: può sgretolare il mito dell’invincibilità del partito comunista. Per mesi il Partito-Stato ha cavalcato la corsa al rialzo dei titoli, agitando il drappo rosso della propaganda davanti al Toro. «Mentre in Cina ora è primavera, la nostra Borsa sembra già in estate», scriveva ad aprile il Quotidiano del Popolo , voce ufficiale del governo. Era vero, perché in un anno l’indice di Shanghai aveva guadagnato il 150 per cento. Ma quando c’era una giornata negativa, ai giornali arrivava l’ordine di dissipare i dubbi e commentare: «Solo dopo un occasionale temporale spunta l’arcobaleno». Così la gente, che in Cina con i tassi bancari bassissimi per investire i risparmi può solo comperare una casa o puntare su titoli e fondi, è accorsa in massa: si calcola che almeno 90 milioni di giocatori di Borsa siano persone comuni, compresi contadini, principianti mal consigliati. Questi piccoli azionisti tendono a spaventarsi facilmente e con altrettanta facilità il partito per mesi li ha incitati a credere. Anche a fine maggio, quando era evidente che nel mercato si era creata una bolla.
Sempre il Quotidiano del Popolo il 25 maggio pubblicava in prima pagina un’«intervista esclusiva» con un «personaggio autorevole», ma anonimo, che spiegava: «La chiave per una crescita stabile, allo stadio nel quale siamo arrivati, dipende dalla capacità di trasferire il risparmio in investimenti effettivi». Un altro balzo del 3,5% a Shanghai. Poi è arrivato il 15 giugno e da allora, in poco più di tre settimane, la Borsa ha perso il 30 per cento, in una serie negativa che non si vedeva dal 1992.
Le agenzie di brokeraggio, dove i cinesi vanno a seguire su grandi schermi l’andamento dei loro titoli, somigliano a sale bingo. In questi giorni si sentono discorsi che potrebbero essere comici, se non rivelassero disastri familiari: «Ma me l’aveva detto il parrucchiere di investire», ha confessato al Wall Street Journal la signora Wang, giovane insegnante che ora è sconvolta perché ha perso un terzo dei risparmi in due settimane. Sono circolate voci non verificate e pare false di qualche suicidio, alle quali la polizia ha reagito arrestando chi le aveva diffuse.
Il partito comunista ha giocato con il Toro e ora che le forze del libero mercato vincono, determinando la caduta della Borsa, resta il grande sconfitto. Le grandi misure varate di gran fretta nel weekend scorso per sostenere Shanghai e Shenzhen hanno creato solo un soprassalto del 2 per cento lunedì, un fenomeno che in gergo si definisce «rimbalzo del gatto morto».
La Cina che incita l’Europa a salvare la Grecia non riesce a soccorrere il suo mercato azionario. In economia il partito non è più infallibile e nemmeno invincibile. Milioni di persone sono nel panico e questo rappresenta il rischio peggiore per il partito comunista: crisi di credibilità, fine del grande patto con la gente che prometteva crescita e benessere in cambio di mano libera nelle scelte politico-economiche. E anche i pianificatori di Pechino potrebbero spaventarsi e bloccare le riforme di mercato necessarie a gestire il rallentamento dell’economia dopo trent’anni di crescita inarrestabile: il Pil nel primo trimestre è cresciuto «solo» del 7% e nel secondo si prevede che possa scendere al 6,8.
Wang Yuanlong, chief economist di Guizhou Bank, ex di Bank of China, è un po’ scosso: «La situazione è molto seria. C’è un detto cinese: le malattie quando arrivano si presentano come una montagna che frana, per farle passare ci vuole la stessa pazienza che si usa per filare la seta; bisogna recuperare la fiducia del mercato. In passato le misure annunciate dal governo avrebbero avuto un effetto immediato, se ora non è successo significa che siamo in una fase difficile da prevedere», dice al Corriere . Si comincia a paragonare questa crisi al disastro di Wall Street nel 1929. L’economista Wang esclude il parallelo: «L’errore americano fu che il governo scelse di non intervenire, qui è il contrario, quindi non finirà in un disastro». Shanghai, dal picco di 5.166 punti il 12 giugno è precipitato a 3.507: quale può essere il fondo? «Penso che sia stato toccato, ma la mia è teoria. Alla fine questa sarà una lezione per gli investitori: la Borsa è rischiosa».
Ora un giornale di Pechino scrive: «Il governo non può fare da balia al mercato».