Corriere 9.7.15
Il crollo della borsa cinese travolge i sogni dei piccoli
di Francesco Daveri
Per gli operatori dei mercati finanziari il recente crollo della Borsa cinese (-29% nell’ultimo mese) è la cronaca di una tragedia annunciata. I sintomi della tragedia erano già visibili nei primi giorni di giugno. La crescita vertiginosa della Borsa di Shanghai nei dodici mesi precedenti (+152%) è infatti arrivata senza una crescita corrispondente negli utili aziendali. Non a caso, il rapporto tra i valori di Borsa e gli utili realizzati delle aziende quotate — una misura dell’ottimismo degli investitori rispetto all’andamento dell’economia reale — è raddoppiato in pochi mesi. Negli stessi giorni, l’attività di Borsa dei fondi più speculativi (quelli che si indebitano per comprare e rivendere rapidamente a caccia di profitti di breve) aveva raggiunto — in percentuale sul Pil — gli stessi livelli registrati a Wall Street. Sullo sfondo, una crescita economica in graduale rallentamento.
Sotto ai crolli di Borsa, però, raramente rimangono gli operatori di mercato. A rimanerci in mezzo è il cosiddetto parco buoi, l’esercito di piccoli risparmiatori che, vedendo il boom dei mercati sugli schermi dei computer oppure sentendone parlare al mercato, decidono di comprare quando le cose vanno bene.
Tra i risparmiatori si susseguono le aperture di conti individuali di dilettanti allo sbaraglio, mentre tra le aziende fioccano le entrate in Borsa di matricole con dubbio pedigree aziendale che si quotano per godere dell’afflusso di risparmi a caccia di rendimenti positivi dopo decenni di repressione finanziaria. Poi gira il vento, i piccoli risparmiatori fuggono cristallizzando perdite cospicue e le aziende quotatesi frettolosamente si ritirano dal listino o le loro azioni non sono più scambiabili sul mercato.
Il boom finisce più rapidamente di come era cominciato. Per terra rimane il sogno di un rapido arricchimento. Al governo di Pechino rimane l’urgente esigenza di tamponare la situazione per evitare che i sogni infranti si traducano in scontento politico.