martedì 7 luglio 2015

Corriere 7.7.15
«Sciogliere il Comune di Roma» Ma pesano i dubbi di Gabrielli
Mafia Capitale, oggi vertice sulla relazione degli ispettori. Anche Pignatone frena
di Giovanni Bianconi


ROMA Il sindaco ne fa parte di diritto, ma oggi non ci sarà: Ignazio Marino ha fatto sapere che per comprensibili motivi di opportunità preferisce non partecipare al comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica nel quale si giocherà il destino della sua giunta e del consiglio comunale che la sostiene. La riunione è stata convocata a norma dell’articolo 143 del Testo unico sugli Enti locali, quello che regola lo scioglimento per mafia: il prefetto, «sentito il comitato provinciale integrato con la partecipazione del procuratore della Repubblica, invia al ministro dell’Interno una relazione nella quale si dà conto della eventuale sussistenza degli elementi» per far decadere l’assemblea elettiva.
Il documento del prefetto di Roma Franco Gabrielli sulle conseguenze politico-amministrative dell’indagine su Mafia Capitale è pronto, e il vertice convocato per oggi è il passaggio formale che ne precede la trasmissione al Viminale. Il prefetto illustrerà il lavoro della commissione d’accesso insediata dal suo predecessore, Giuseppe Pecoraro, e forse un’anticipazione della sua proposta al ministro. Dopodiché toccherà ai presenti esprimere le proprie valutazioni; in particolare al procuratore Giuseppe Pignatone, che con le indagini condotte dal suo ufficio — l’individuazione della presunta associazione mafiosa che avrebbe condizionato il governo di Roma — ha provocato l’avvio della procedura che tiene in bilico il sindaco Marino. Anche se gran parte delle attività contestate agli indagati riguarda l’amministrazione guidata dall’ex sindaco Alemanno, come ha ricordato Pignatone alla commissione Antimafia. E c’è da ritenere che le considerazioni del magistrato avranno un peso sulle determinazioni che Gabrielli comunicherà, entro la settimana, al ministro Alfano.
Sul tavolo del prefetto (e oggi del comitato provinciale) c’è dunque la relazione della commissione d’accesso che, di fatto, suggerisce lo scioglimento del Comune di Roma. Perché il gruppo guidato da Massimo Carminati e Salvatore Buzzi (considerati i capi dell’associazione mafiosa), avrebbe determinato «un’alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi e amministrativi» tale da «compromettere il buon andamento o l’imparzialità» dell’amministrazione, secondo quanto previsto dalla legge per giustificare l’intervento del governo. Gli elementi messi in luce dall’indagine giudiziaria e dal lavoro dei commissari prefettizi sarebbero quindi «concreti, univoci e rilevanti», come richiesto dalla norma.
Ciò anche per via di alcune considerazioni della Cassazione che ha confermato l’accusa di associazione mafiosa. Per esempio quella in cui si sottolinea «il condizionamento derivante da una posizione sostanzialmente monopolistica nell’acquisizione degli appalti dei servizi del Comune di Roma da parte delle cooperative del Buzzi, attraverso la imposizione di un controllo dell’associazione su buona parte dell’amministrazione capitolina»; o il passaggio in cui si descrive «la progressiva evoluzione di un gruppo di potere criminale che si è insediato nei gangli dell’amministrazione della capitale d’Italia... sostituendosi agli organi istituzionali nella preparazione e nell’assunzione delle scelte proprie dell’azione amministrativa».
Tuttavia le conclusioni del prefetto potrebbero essere diverse; perché diverse potrebbero rivelarsi le valutazioni sulle cause del condizionamento e sugli interventi per impedire che continui. Così potrebbe essere sufficiente proporre la rimozione di singoli funzionari, anche di alto livello, o lo scioglimento di uno o più Municipi maggiormente interessati dalle indagini antimafia. Pure il parere del procuratore potrebbe andare in una direzione diversa dallo scioglimento, in virtù di quanto già comunicato all’Antimafia. Lì Pignatone ha spiegato che «l’associazione si rapporta in modo completamente diverso con le due giunte (Alemanno e Marino, ndr )»; con la prima c’era «un dialogo diretto, e in posizione sovraordinata, tra Carminati e il più stretto collaboratore del sindaco», mentre con la seconda quei contatti «non ci sono più», nonostante «rimanga la presenza estremamente pesante di Buzzi e del mondo delle cooperative che ruota attorno a lui, che continuano ad avere un trattamento privilegiato da parte dell’amministrazione e della burocrazia comunale».