Corriere 15.7.15
«Negato il diritto alla salute, violati dieci articoli della Carta»
«È contrario alla Costituzione» Il gip blocca il decreto per l’Ilva
10 gli articoli della Costituzione con i quali il decreto sarebbe in contrasto secondo il gip di Taranto
di Michelangelo Borrillo
MILANO Prima il sequestro dell’altoforno da parte della magistratura. Poi il decreto del governo Ilva-Fincantieri — l’ottavo per salvare l’acciaieria di Taranto — che ha garantito la continuità produttiva dello stabilimento. Quindi la nuova mossa, di ieri, della magistratura, come in una partita a scacchi: il gip di Taranto, Martino Rosati — accogliendo una richiesta della procura — ha sollevato la questione di legittimità costituzionale del decreto legge dello scorso 4 luglio. E così gli atti, adesso, saranno trasmessi alla Corte Costituzionale.
L’altoforno 2 era stato sequestrato a causa di un incidente avvenuto l’8 giugno scorso costato la vita a un operaio di 35 anni, Alessandro Morricella, investito da un getto di aria bollente mentre misurava la temperatura della ghisa e morto dopo quattro giorni a causa delle ustioni (sono dieci le persone iscritte nel registro degli indagati per cooperazione nel reato di omicidio colposo).
Con il rischio di spegnimento dell’altoforno a partire dal 6 luglio, il decreto del governo superò il sequestro stabilendo che, nei casi di aziende di rilevanza strategica nazionale sottoposte a norme cautelari da parte della magistratura, il provvedimento non possa impedire la prosecuzione dell’attività d’impresa. A patto che l’azienda presenti in termini «stringenti» un piano di misure aggiuntive sulla sicurezza.
E questo è uno dei nodi che emerge dall’ultimo botta e risposta tra la magistratura di Taranto e il governo. Il gip, infatti, contesta l’articolo 3 del decreto legge che sarebbe in contrasto con dieci articoli della Costituzione (2, 3, 4, 9, 32, 35, 41, 77, 104 e 112) che tutelano, tra le altre cose, la garanzia dei diritti inviolabili, la pari dignità sociale e la salute. Nel dettaglio la procura di Taranto ritiene che il decreto, «riconoscendo solo all’impresa il compito di predisporre unilateralmente un piano di misure aggiuntive, senza la possibilità di sindacato alcuno, di fatto non realizzerebbe un bilanciamento ragionevole tra il diritto alla salute ed all’ambiente salubre». In pratica — si legge nell’ordinanza — il decreto consente all’impresa «pur a fronte di un perpetrarsi di attività illecita, di continuare la propria attività per dodici mesi sul presupposto della predisposizione unilaterale e insindacabile di un piano di intervento, senza possibilità per gli organi di controllo e per l’autorità giudiziaria di sindacare o sollecitare misure di sicurezza ulteriori».
L’altra contestazione dei magistrati riguarda un’antica diatriba sui decreti legge. Ovvero la mancanza del «presupposto della straordinaria necessità e urgenza che giustifica l’esercizio del potere legislativo da parte del governo». Sebbene, nel caso specifico dell’Ilva, lo spegnimento dell’altoforno 2 avrebbe comportato a catena lo stop della più grande acciaieria d’Europa e, come sottolineò in un tweet contestato dagli ambientalisti il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, «la perdita del lavoro per 15 mila persone».