martedì 14 luglio 2015

Corriere 14.7.15
Un bagno di realtà per i populismi europei
Ma a chi vuole votare antisistema a Madrid o a Roma è difficile che passi la voglia
di Federico Fubini


John Maynard Keynes aveva appena abbandonato la Conferenza di Versailles, quando buttò giù poche parole che Wolfgang Schäuble potrebbe andarsi a rileggere ora che ha proposto di mettere i beni della Grecia in un fondo controllato dal governo di Berlino. «Il popolo tedesco ha rovesciato le fondamenta sulle quali tutti vivevamo — scrisse Keynes —. Ma i portavoce dei popoli di Francia e Inghilterra rischiano di completare la devastazione con una Pace che rovina ancora di più la delicata organizzazione su cui vivono gli europei».
Assimilare la capitolazione politica della Grecia di Alexis Tsipras all’ac cordo punitivo imposto alla Repubblica di Weimar nel 1919, fino a destabilizzarla, è così facile che dev’essere senz’altro sbagliato. La storia europea fortunatamente non gira su se stessa. E la dichiarazione di ieri mattina dei leader dell’area euro per molti aspetti è molto meno dura per Atene di quanto non si ripeta di continuo. Per esempio i creditori europei a questo punto hanno smesso di esigere, meglio tardi che mai, un risanamento dei conti a ritmi impossibili per un Paese in stato avanzato di depressione. Nessuno più pretende che Atene quest’anno presenti un saldo di bilancio in attivo prima di pagare gli interessi, visto il crollo della sua economia. E tutti hanno capito che il debito va alleggerito in qualche modo prima che avveleni completamente il sistema politico sia ad Atene che a Bruxelles.
Eppure l’intuizione di Keynes sull’ottusità destabilizzante di Versailles continua a rimbalzare fra le pagine della storia di oggi. Se c’è un aspetto delle decisioni del weekend che ricorda una capitolazione, è quello che riguarda gli equilibri politici più che le misure economiche. Il punto in fondo non è solo spingere la Grecia verso decisioni che doveva prendere nel suo stesso interesse molto tempo fa. È anche creare una situazione in cui i cittadini di un Paese europeo non hanno altra scelta e in qualche modo viaggiano su un pilota automatico di cui non hanno il controllo. Il documento presentato da Schäuble sabato sera a Bruxelles ha fatto rumore per la minaccia di sospensione dall’euro, ma contiene anche una proposta più operativa: mettere l’amministrazione di un intero Paese di fatto in mano alla Commissione europea.
Ora tocca ai greci decidere se possono convivere con un’intrusione di questa intensità, o se invece essa non getti le basi per un’altra implosione politica più devastante fra qualche tempo. Non sarebbero arrivati a questo punto, se non avessero permesso a Tsipra s di illuderli e portarli dritti verso un precipizio. Ma in questa vicenda c’è una lezione che non riguarda solo la Grecia e un’occhiata alle dichiarazioni di Podemos in Spagna o del Movimento 5 Stelle in Italia lo mostra chiaramente. Queste due forze hanno sostenuto il No al referendum ellenico, hanno fatto di Tsipras un eroe, quindi sono piombati in un silenzio attonito quando lui ha riscoperto il principio di realtà e riaperto le trattative con Bruxelles. Ora alcuni in Italia lo considerano un traditore; altri in Spagna vedono nella Grecia una terra bruciata dal presunto strapotere di Berlino, per mostrare a tutti cosa succede quando si tenta una rivolta.
Se la Grecia è un laboratorio in Europa, il punto è capire di cosa. A chi vuole votare antisistema a Roma, Milano, Madrid o Barcellona è difficile che passi la voglia, quando vede due o tre delle ultime idee del ministro delle Finanze tedesco. Probabile piuttosto il contrario. Ma la realtà è che per il futuro di M5S, Podemos, o anche della Lega o del Front National, la sorte della Grecia è indifferente. Questi movimenti fioriscono sulle devastazioni della recessione e non arretreranno finché la ripresa non mette radici. In questo anche la Germania deve aiutare, ma mai come ciascuno dei governi che i nuovi populisti vogliono sfrattare.