martedì 14 luglio 2015

Corriere 14.7.15
Nel fronte (spezzato) dei delusi da Alexis
C’era chi sperava nel papa straniero o contava nell’assist anti-Merkel Grillo parla di «colpo di Stato» Vendola: sconfitta netta, inutile mascherarla


ROMA « Almeno noi la battaglia l’abbiamo combattuta», e magari «è la prima di una lunga guerra». Ma «l’abbiamo persa». Come se non bastassero le vecchie delusioni di Zapatero, le tante speranze tradite da Obama, le mille timidezze di Hollande, tanto per restare ai casi più recenti, quella sinistra italiana alla perenne ricerca di un «papa straniero» brucia anche il suo ultimo jolly, Alexis Tsipras. Stefano Fassina infila il verbo «perdere» in calce alla dichiarazione sull’ultima evoluzione della tragedia greca. Nel variopinto fronte tricolore che guardava al premier greco come al condottiero che avrebbe sconfitto l’Europa berlinocentrica, in ordine di tempo l’ex viceministro sarà il primo a evitare eufemismi e giri di parole. Seguito a ruota da Nichi Vendola, che stavolta concede alla sua celebre narrazione il più nefasto di finali possibili. «Bisogna dirsi tutta la verità. Si tratta per Syriza e Tsipras di una sconfitta secca e inequivocabile, che non vale la pena di mascherare per qualcos’altro».
Per l’inedita coalizione degli euroscettici giallo-rosso-verdi (oltre alla sinistra, c’erano grillini e leghisti), i termini dell’accordo firmato dal premier greco sono un viaggio di sola andata dall’altare alla polvere. Quelli che con la vittoria del referendum greco pensavano di aver scongiurato la padella, con la giornata di ieri sono finiti direttamente nella brace.
E pensare che poco più di una settimana fa, mentre la maggioranza del popolo greco portava il «no» al trionfo, Matteo Salvini era sicuro di aver infilato l’ennesimo risultato di una serie positiva iniziata con le ultime amministrative. Forte dell’assist involontario del «compagno Alexis», infatti, il leader leghista celebrava il referendum come «uno schiaffone agli europirla», perfetto antipasto di quella «ruspa» pronta a colpire «anche Renzi». Otto giorni dopo, a via Bellerio, l’aria è quella di chi ha perso ai rigori una finale del Mondiali acciuffata in extremis. «L’accordo è una buffonata», scandisce Salvini. «Eppure sembrava che il kompagno Tsipras dovesse guidare il popolo greco nella battaglia contro l’Europa dei burocrati…», annota Roberto Calderoli. Il tutto prima che Roberto Maroni, convinto che «Tsipras abbia tradito aiutando l’Europa delle banche», si mettesse a rimpiangere l’ex ministro greco Varoufakis («Aveva un piano molto aggressivo in difesa della Grecia e Tsipras l’ha bocciato»).
Non va meglio tra i Cinquestelle. Mentre Beppe Grillo grida al «colpo di Stato», il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio — che domenica scorsa festeggiava in maniche di camicia in piazza Syntagma — mira dritto al cuore dello Tsipras bifronte. «Ha tradito il referendum e anche la democrazia». Condanna senz’appello.
Ma tutto questo è poca cosa rispetto al dramma che si vive a sinistra del Pd, dove l’incontro con Tsipras aveva scandito l’ennesima tappa dell’eterna ricerca di un «campione straniero» che risollevasse le sorti della gauche tricolore. Il profilo Twitter di Nichi Vendola è lo specchio del dramma che si consuma per tutto il giorno all’interno di Sel. L’ex governatore rilancia prima le dichiarazioni del capogruppo Arturo Scotto («Governo tedesco voleva far fuori Tsipras e c’è riuscito»), poi quelle del coordinatore Nicola Fratoianni («Stima e appoggio umano e politico a Tsipras»). Poi, in serata, qualche anima pia gli mette sotto gli occhi l’accordo Grecia-creditori, Vendola lo «legge per intero» e si arrende. «Inutile mascherare, sconfitta secca e inequivocabile». Dopo Zapatero, Obama e Hollande, anche Tsipras viene accompagnato alla porta di quel pantheon della Sinistra oggi stabilmente occupato, fino a nuovo ordine, solo da Papa Francesco. Anche se Fausto Bertinotti tenta l’acrobazia intellettuale: «Sto scrivendo un articolo in cui sostegno che Tsipras ha vinto come governo ma ha perso come sinistra». Consolazione magra. Magrissima.
Tommaso Labate