mercoledì 3 giugno 2015

Repubblica 3.6.15
Ricordi
Quel magico fascio di luce che li spegne e li riaccende
Gli scienziati hanno scoperto come attivare nel cervello gli interruttori della memoria
di Elena Dusi


NULLA è perduto, nemmeno i ricordi che sembrano svaniti. Da qualche parte nel cervello la loro traccia resta sempre. Il problema è come recuperarli, e al posto di una madeleine gli scienziati del Massachusetts Institute of Technology di Boston e del Riken Institute vicino Tokyo hanno usato un raggio di luce. La loro ricerca è la storia di copertina dell’ultimo numero di Science . I “maghi dei ricordi” americani e giapponesi, che conducono le loro ricerche sui topi, due anni fa usando sempre la luce avevano inserito una memoria del tutto falsa nella testa delle loro cavie. Lo scopo di tutte queste manipolazioni del cervello è rispondere a una domanda semplice solo in apparenza: cos’è un ricordo?
Un ricordo è un engramma, è il punto di partenza dei neuroscienziati guidati dal Nobel Susumu Tonegawa. Un engramma è la traccia che un’esperienza lascia nei neuroni, spingendoli a eccitarsi e a stabilire connessioni che prima non esistevano. Quando i topolini dell’esperimento sono stati sottoposti a una leggera scossa a una zampa entrando in una gabbia, hanno fissato questa disavventura in un ricordo. Da allora, ogni volta che entravano nella gabbia si irrigidivano per la paura. I ricercatori hanno tracciato i neuroni coinvolti nella formazione di questa memoria e li hanno “etichettati”. Poi hanno cancellato l’engramma usando un farmaco che, se somministrato subito dopo l’esperienza, impedisce ai neuroni di stabilire le loro connessioni e permette ai topolini di entrare spavaldi nella gabbia della scossa.
Eliminando un ricordo in questo modo, gli scienziati hanno riprodotto quella forma di amnesia che può colpire una persona con Alzheimer, o che ha subito un trauma alla testa. Ma nella tappa successiva del loro esperi- mento hanno dimostrato anche che il ricordo non era stato cancellato nel cervello. Doveva solo essere recuperato con la tecnica giusta. I neuroni “etichettati” in partenza sono stati “riaccesi” con un raggio di luce blu. E a quel punto il ricordo per intero si è riaffacciato alla memoria delle cavie, che hanno ripreso a tremare all’ingresso della gabbia.
L’“interruttore” con cui i neuroni possono essere accesi o spenti a piacimento è uno strumento piuttosto nuovo per le neuroscienze. Si chiama optogenetica e sfrutta la proprietà di alcune proteine — le opsine, presenti tra l’altro nella retina dell’occhio — di assorbire la luce. Costringendo i neuroni delle cavie a produrre opsine, e raggiungendoli poi con una fibra ottica per accendere lo stimolo luminoso, gli scienziati hanno creato un vero e proprio telecomando capace di eccitare o inibire i neuroni uno a uno.
L’optogenetica viene sfruttata negli studi sui topi per “gettare luce” sui misteri più vari del funzionamento del cervello. Nel caso degli esperimenti sulla memoria, «abbiamo dimostrato che in questo tipo di amnesia i ricordi non vengono cancellati. Potrebbero semplicemente essere diventati impossibili da raggiungere e recuperare» spiega Tonegawa su Science. Memorizzare, secondo le conclusioni del Nobel giapponese, vorrebbe dunque dire creare un circuito di neuroni localizzati in aree diverse del cervello e collegati fra loro. Agganciarne un gruppo in maniera anche casuale — come avviene con le madeleine — permette di riportare in superficie l’intero blocco del ricordo, incluse le emozioni collegate.
A luglio del 2013, con un esperimento pubblicato sempre su Science , Tonegawa e i suoi avevano creato dal nulla il ricordo della scossa elettrica nei topi di laboratorio. I roditori si erano impauriti all’ingresso della gabbia pur non avendo mai provato un’esperienza dolorosa in quel luogo. E se il ricordo e le emozioni a esso collegate potrebbero sembrare un blocco unico, il ricercatore giapponese ha demolito anche questa teoria. L’anno scorso, pubblicando questa volta su Nature, il Nobel ha indotto nei topi il ben noto ricordo della scossa. Poi ha riattivato l’engramma — usando sempre la luce — durante il piacevole incontro fra due topolini di sesso diverso. La memoria della scossa era rimasta identica, ma questa volta era stata associata a un’emozione positiva anziché alla paura. Inventati, rimossi, ricreati e rovesciati. I ricordi per Tonegawa sono come blocchetti di Lego per un bambino. E pensare che a portarlo al Nobel erano stati studi di un campo completamente diverso: l’immunologia.