venerdì 26 giugno 2015

Repubblica 26.6.15
Dossier Gabrielli, Marino in bilico
Orfini: “Dopo quello decideremo”. Vicina la scorta per il sindaco
di Giovanna Vitale


ROMA . «La linea non cambia: il se non è in discussione, quel che resta da capire è solo il come Marino lascerà». Se cioè qualcuno riuscirà infine a convincerlo a fare le valigie o si dovrà imboccare la strada, più traumatica, delle dimissioni di massa in aula Giulio Cesare. Ché pure il quando è già stabilito: la relazione del prefetto Gabrielli sull’eventuale presenza di infiltrazioni mafiose in Campidoglio. «Uno spartiacque», per il Nazareno.
Lo ribadisce il presidente nazionale e commissario romano Matteo Orfini: «Dopo quella, si farà insieme un ragionamento per capire come andare avanti. Io però da qui ad allora eviterei di complicare il clima, che non serve a nessuno». Un avvertimento chiaro a Marino, che dal suo fortino assediato lancia messaggi, minaccia rivelazioni su chi lo avrebbe costretto a promuovere in giunta gli uomini del Pd risultati poi coinvolti in Mafia Capitale: «Ora pensi a lavorare e ad amministrare bene, senza alimentare polemiche e ulteriore confusione», taglia corto Orfini. Pronto a stoppare la manovra di avvicinamento al premier tentata dagli sherpa del sindaco per ricucire: «Tra lui e Renzi non è previsto alcun incontro, si farà quando, insieme, dovremo valutare il da farsi dopo il parere di Gabrielli».
Il crinale oltre il quale «niente sarà più come prima», garantiscono i più vicini al capo del governo. Consapevoli che se un errore è stato fatto finora è «aver sottovalutato il carattere di Marino». Indifferente a ogni scossone, alle sberle assestate dal premier, alle scomuniche che a cadenza quasi quotidiana piovono dai piani alti del Pd. Lasciato solo anche nel giorno del suo primo successo dopo settimane di tensione: il via libera alla mozione sulla candidatura di Roma ai Giochi 2024, approvata in consiglio comunale con i soli voti contrari dei grillini e dell’esponente di “Noi con Salvini”. Salutata con entusiasmo dai presidenti del Coni Malagò («Oggi lo sport ha prevalso su alcune logiche della politica») e del Comitato promotore Montezemolo («Saranno le Olimpiadi della bellezza, della cultura, della tecnologia»). Ma accolta dal gelo del governo: nessun ministro o sottosegretario che si sia congratulato, abbia espresso soddisfazione, «e dire che Renzi ci aveva messo la faccia».
Una vittoria, quella di Marino, ottenuta solo a prezzo di una clamorosa ritrattazione: «Non mi sentirete più pronunciare quelle parole», è stato infine costretto a dichiarare in aula, a proposito dell’invettiva («La destra deve tornare nelle fogne») lanciata domenica scorsa alla Festa dell’Unità. La condizione posta dalla minoranza — da Ncd a Fi — per votare la mozione sui Giochi. Minacciando, se non si fosse scusato, di diffondere un dossier su tutti gli uomini nominati dal sindaco — politici e dirigenti — che intrallazzavano con il clan di Carminati.
«Oggi inizia una sfida straordinaria, per la città e il Paese, che vogliamo vincere tutti insieme», esulta Marino. L’unica ombra è quella allungata dalla busta con i proiettili, indirizzata a lui e alla famiglia, intercettata allo scalo di Fiumicino. Un riferimento, alla moglie e alla figlia, che lo turba moltissimo. «Le minacce sono attendibili », fa sapere il prefetto, assegnandogli una scorta. Che lui però vorrebbe rifiutare: «Ci penso». Ma Orfini lo esorta: «Accettala, il clima è inquietante, il Pd è tutto con te».