Repubblica 25.6.15
“Condannate Berlusconi a 5 anni”
La richiesta del pm di Napoli per la compravendita dei senatori che mirava a far cadere il governo Prodi
Per Lavitola proposti quattro anni di carcere. L’ira del Cavaliere: “Realtà stravolta,in linea con i peggiori processi politici”
“La ‘operazione libertà’ fu un investimento economico per mandare a casa il premier”
di Dario Del Porto
«QUALE fiducia posso avere i cittadini, se un parlamentare vende la propria funzione?», chiede il procuratore aggiunto Vincenzo Piscitelli durante la requisitoria al processo di Napoli sulla compravendita di senatori.
L’imputato principale, Silvio Berlusconi, non è in aula. Nei suoi confronti, la Procura chiede la condanna «senza attenuanti» a 5 anni di reclusione con l’accusa di corruzione. Secondo l’aggiunto Piscitelli e i pm Henry John Woodcock, Alessandro Milita e Fabrizio Vanorio, l’ex premier fu il «regista, il finanziatore e il beneficiario», di un piano, la cosiddetta “Operazione libertà”, che tra il 2006 e il 2008 si concretizzò in «un colossale investimento economico diretto ad ottenere il risultato che interessava Berlusconi, anzi lo ossessionava come ha riferito uno dei testimoni: mandare a casa il governo Prodi», sottolineano gli inquirenti.
La replica dell’ex premier arriva dopo qualche ora: «La richiesta della Procura di Napoli confligge con la realtà e con tutte le risultanze processuali, in linea con la tradizione dei peggiori processi politici. Confido che il tribunale voglia rapidamente ristabilire la verità dei fatti e pronunciare una sentenza totalmente assolutoria ».
Nella ricostruzione dell’accusa, il «sicario» di quella strategia diretta a «reclutare senatori per erodere il governo Prodi» fu l’ex direttore ed editore dell’ Avanti! Valter Lavitola, detenuto da oltre tre anni perché coinvolto in altri procedimenti fra i quali quello sulla bancarotta del quotidiano. All’indirizzo di Lavitola, il pm chiede la pena di 4 anni e 4 mesi di reclusione. Al centro del processo ci sono i tre milioni, due dei quali versati “in nero”, che sarebbero consegnati all’ex senatore Sergio De Gregorio, eletto nel 2006 con Italia dei Valori, poi passato con il centrodestra, per «sabotare» il governo Prodi.
De Gregorio ha ammesso di aver ricevuto il denaro e patteggiato la pena. «Ma sono convinto - argomenta il procuratore aggiunto Piscitelli - che altri parlamentari abbiano ceduto, solo che non siamo stati capaci di accertarlo ». In apertura di udienza, gli avvocati Niccolò Ghedini e Michele Cerabona, legali di Berlusconi, hanno depositato al collegio presieduto dal giudice Serena Corleto la memoria che l’ex Cavaliere ha trasmesso alla Camera per chiedere di sancire la «insindacabilità» delle condotte al centro del processo perché coperte da immunità parlamentare.
«La promessa di voto in cambio di denaro non ha nulla a che vedere con l’insindacabilità», ribatte il procuratore aggiunto Piscitelli. Un’istanza analoga era stata già respinta dal tribunale. La difesa non ha comunque chiesto la sospensione del processo. «Questa vicenda resterà nei libri di storia e servirà da monito per il futuro», dice il pm Milita nella prima parte della requisitoria.
La confessione di De Gregorio, sottolinea la Procura, non è l’unico pilastro del processo. «L’architrave» è costituita, a giudizio dei pubblici ministeri, dalla lettera del 13 dicembre 2013 e attribuita a Lavitola nella quale l’ex editore chiede 5 milioni a Berlusconi vantando, tra l’altro, di «aver comprato De Gregorio». Ora la parola passa alla difesa. «Tutti i testimoni e le prove documentali hanno dimostrato la totale inconsistenza dell’impianto accusatorio», affermano gli avvocati Ghedini e Cerabona assieme agli avvocati Franco Coppi e Bruno La Rosa, che assistono Forza Italia citata come responsabile civile. Il processo dovrà concludersi entro novembre pena la prescrizione. Durante il dibattimento sono stati sentiti come testi, fra gli altri, Romano Prodi, Anna Finocchiaro, Renato Schifani, Clemente Mastella. La sentenza è prevista per l’8 luglio.