Repubblica 19.6.15
L’amaca
di Michele Serra
È GIUSTO e importante che — sia pure sotto emergenza, come sempre — si discuta del degrado di Roma come di una questione nazionale. Purché non ci si illuda che sia appena una faccenda di potere politico (con Marino nella parte del capro espiatorio) e non si stia parlando, invece, di uno sfacelo civile capillare e profondo. Lo dice con durezza il vivace, partecipato blog “Romafaschifo”, che raccoglie umori, considerazioni, proposte, notizie, senza fare sconti a nessuno: neanche ai romani. A chiedere la cacciata di Marino, si legge in un post, «è la maggior parte di una popolazione che ha l’illegalità nel proprio Dna e vede di malanimo chi cerca di cambiare questo genere di impostazione». Ci si riferisce al prospero abusivismo, alle strade lorde, alle macchine in terza fila, al fittissimo reticolo di affiliazioni politico-economiche di dipendenti pubblici a volte poco attivi (eufemismo) e di privati che ingrassano nell’assenza di regole (vedi l’incredibile e annosa deregulation della cartellonistica quirite), insomma al diffuso “tengo famiglia” che chiede alla politica solo e sempre complicità, mai niente che contasti con i porci comodi. In questo senso Roma è capitale: molto rappresentativa di moltissima Italia. L’onda del momento (quella populista) prevede che le responsabilità della politica siano additate, una per una, all’odio sociale; la politica, quasi sempre, se lo merita, se non altro per omesso governo; ma della responsabilità dei cittadini si parla poco e distrattamente. È come voler fare il pane buono cambiando sempre fornaio, ma sempre con la stessa farina guasta.