Repubblica 14.6.15
Fabrizio Barca L’ex ministro ha presentato il suo rapporto sullo stato di salute dei Democratici: “Sono ancora di sinistra”
“Roma corrotta ma il partito è sano. Niente premiership per il segretario”
intervista di Giovanna Casadio
ROMA. «Il grosso della corruzione non è nel Pd. Ma il Pd romano ci ha messo del suo. Tornare indietro è difficile». Fabrizio Barca, l’ex ministro a cui è stata affidata l’inchiesta sul partito, ha presentato ieri i risultati di un progetto sui luoghi idea(li) dem. Un tour per l’Italia, 9 i circoli esemplari, quattro proposte. La prima è la creazione di una Officina per la sperimentazione permanente. Poi, primarie, si cambia; no al premier che è anche segretario; attuazione dello Statuto sui comportamenti di iscritti ed eletti; direzione ridotta a 15 membri come un cda. Nel vivo della “pulizia” del Pd romano si entra venerdì prossimo con i 30 circoli da chiudere, la denuncia delle connivenze. Però per Barca, il Campidoglio non va sciolto e commissariato: «Basta la chiusura della discarica di Malagrotta a dare credito a questa giunta... ».
Professor Barca, il Pd è ancora un partito di sinistra?
«Lo è, anche se in questi anni ha fatto poche cose di sinistra. Nella pancia degli iscritti ci sono i valori di sinistra».
E lei tenacemente continua a credere nel Pd?
«Tenacemente, è vero. E credo che la casa democratica possa essere usata da persone di sinistra per cambiare un pezzettino di mondo, luogo per luogo. È difficile, ma un anno di lavoro in giro per il partito, ci dice che è possibile».
Però ammette la gravità dei “fenomeni degenerativi” come quelli di Roma, con un Pd invischiato quasi completamente in Mafia Capitale. Come si recidono corruzione e rapporti clientelari?
« Si recidono avendo il coraggio di affidare a un gruppo di giovani indipendenti, come quelli che ho reclutato, la diagnosi della diffusione del male e, se c’è, del bene. Si fa insomma una valutazione. Non bisogna sempre intervenire dopo. I 9 progetti idea(li) in giro per i circoli servano da lezione per tagliare l’erba sotto il malcostume di chi approda al partito pensando di trovare lavoro, di fare carriera facile».
Tenuto conto che lo Statuto dem prevede regole di garanzia, dove si è annidato il verme nel Pd romano?
«Quelle regole sono il meglio pensato post Tangentopoli, però non sono state una bussola per giudicare le persone. Non le applico un giorno, non le applico l’altro e si vanificano. Poi trovo un intellettuale che dice “il partito è uno strumento di bilanciamento dei poteri”, tesi importata dall’estero e peraltro non più alla moda. Ebbene è una specie di liberatoria per i peggiori. Può nascere in qualunque parte del paese il partito dannoso».
A Roma tornare indietro è difficile?
«Ci siamo chiesti se Roma è l’immagine dell’Italia o il peggio dell’Italia. Di certo sono venute in risalto situazioni che si trovano anche da altre parti, ma Roma è più avanti per via di una vecchia malattia della città che è il forte peso della rendita, delle reti di potere, le cene, le telefonate, la vicinanza al centro del potere ha creato una grossa leva di ceto medio parassitario. Che non c’entra con il Pd».
Ma ha invischiato il Pd capitolino?
« Dove chiedere favori è un comportamento molto diffuso, i rischi per ogni partito diventano maggiori. Il grosso della corruzione non è nel Pd, ma il Pd ci ha messo del suo. La scivolata nella corruzione diventa più facile e si crea un brodo di coltura ».
Come si rimedia al disastro dem romano?
«Ne parleremo venerdì con precisione chirurgica».
Ma girando l’Italia cosa pensano i dem?
« Da un lato sono felici di avere una leadership forte, dall’altro si sentono afoni e incapaci di comunicare con il centro».
I circoli del Pd capitolino sono un nido di vespe e come se ne esce?
«Se ne esce come dappertutto, valorizzando i circoli che realizzano progetti, che fissano risultati attesi verificabili, che si aprono ai cittadini».
Possibile che il Campidoglio sia sciolto per mafia?
« Mi auguro di no, visto lo straordinario coraggio di questa amministrazione che ha chiuso la discarica di Malagrotta il più grande scandalo della città di Roma. Valga come credito ».
Lei propone una direzione del partito di 15 membri invece che 200. Ma una delle accuse a Renzi è di mortificare il dibattito interno.
«Il Pd non ha un eccesso di decisionismo ma un deficit di partecipazione. La partecipazione senza leadership non serve a niente, ma la leadership senza partecipazione rinunzia alla conoscenza radicata nella società ».
Mai più un premier che sia segretario?
«La separazione tra partito e Stato si può sacrificare in un momento eccezionale in cui c’è un governo sinistra-destra, ma poi non più».
Lei è indicato come vice di De Luca oppure di Marino.
Cosa c’è di vero?
«Quel pizzico di mio contributo viene malinteso come ricerca di una posizione».