mercoledì 17 giugno 2015

La Stampa TuttoScienze 17.6.15
Perché c’è chi si ammala di Huntington?
Ce lo svela l’evoluzione
di Elena Cattaneo


Inizia 800 milioni di anni fa la storia di una malattia neurologica ereditaria, l’Huntington. Il gene che ne è la causa compare per la prima volta nell’epoca precambriana nel Dictyostelium Discoideum, una ameba che in laboratorio chiamiamo amichevolmente Dicty. Perché mai l’evoluzione ha permesso il passaggio di un tale gene, per tanti milioni di anni, tante generazioni e specie, se poi questo può diventare pericoloso per l’uomo?
Tutti gli esseri umani hanno il gene Huntington, ma in una forma «sana», cioè con una catena di tre lettere «C-A-G» (che sono tre delle quattro basi che formano il Dna), ripetute in un numero variabile tra nove fino al massimo di 35, così: «CAGCAGCAGCAG etc». Un individuo sano può quindi avere un numero fisso di 17 CAG, un altro 20, un altro ancora 25. Sono tutte persone sane, finché il numero di CAG non supera la soglia di 35. La malattia, purtroppo, insorge quando la ripetizione nel gene va sopra le 36.
Perché mai l’evoluzione ci ha consegnato queste pericolose triplette CAG soprasoglia che causano la malattia? E perché gli esseri umani sani variano nel numero di CAG? E da dove arrivano i CAG? «Nulla in biologia e in medicina ha senso se non alla luce dell’evoluzione», scriveva il biologo Theodosius Dobzhansky. Noi crediamo che per capire e interferire con gli eventi che uccidono i neuroni dobbiamo anche studiare i loro meccanismi biologici e il loro significato evolutivo.
Ecco perché ci siamo messi a caccia della storia del gene Huntington. Nel Dicty il gene nasceva «innocente», senza CAG. Dopo, l’albero evolutivo si divide in due rami: da una parte gli insetti (cioè i protostomi), dall’altra ci siamo noi (i deuterostomi). Ebbene, anche nel gene Huntington degli insetti non vi sono CAG ripetuti. La sorpresa è doppia, quando si scopre che i CAG ripetuti sono invece presenti da subito nel nostro ramo. In quello dei deuterostomi i CAG compaiono in una specie, il riccio di mare, che è la prima ad essere dotata di un rudimentale sistema nervoso. Che cosa affascinante. È impossibile stare con i pensieri in mano dopo una simile scoperta. Per capire i percorsi evolutivi siamo andati a caccia di anfiossi, una specie più evoluta del riccio di mare, con sistema nervoso «cefalizzato». Scopriamo che l’evoluzione ha modificato alcune lettere attorno ai due CAG come per «cementarle» e non farle scappare.
Abbiamo immaginato che vi potesse essere una correlazione tra il «grado di evoluzione del sistema nervoso e il numero di ripetizioni di CAG nel gene». Abbiamo cominciato a studiare i vertebrati e le specie più evolute. Ecco che il pesciolino zebrafish di CAG ripetuti ne ha quattro, il topo sette, il ratto otto, la pecora 10, l’elefante 12, la scimmia circa 15. Quei CAG, con cui l’evoluzione un giorno ha fatto un esperimento, non solo non scompaiono ma crescono fino all’uomo, che è la specie che normalmente ne contiene di più.
Abbiamo cominciato a pensare che al CAG che cresce nell’evoluzione fosse associata una funzione importante per la comparsa e lo sviluppo di sistemi nervosi sempre più complessi e capaci, magari, di potenziare le capacità di adattamento. Con meraviglia abbiamo visto che in laboratorio potevamo studiare ipotesi che riguardano eventi lontani milioni di anni. Abbiamo quindi scoperto che, aumentando il numero di triplette CAG nel gene sano, miglioriamo la capacità dei neuroni di formare abbozzi primitivi di sistema nervoso in un piattino di coltura. Anche sull’uomo sono state fatte scoperte sconcertanti. Alcuni colleghi scoprono che l’evoluzione sta ancora spingendo per avere più CAG nel gene. Al punto che, oggi, un individuo su 17 porta un numero di CAG alti (tra 27 e 35), anche se entro la soglia dopo la quale si manifesta la malattia.
Altri ancora scoprono che coloro che hanno più CAG nel «range» sano hanno anche più materia grigia. Sono i primi risultati, da confermare, ma che portano a nuovi pensieri sul significato delle malattie neurologiche genetiche a insorgenza adulta. La malattia potrebbe essere il tentativo dell’evoluzione di aggiungere CAG per migliorare funzioni e capacità. Forse i malati sono involontari protagonisti di un’importante evoluzione umana.
Oggi i neuroni non si avvantaggiano dei CAG sopra soglia, ma forse domani riusciremo interpretarne il vantaggio. Forse anche la variabilità individuale in CAG tra soggetti sani potrebbe avere un significato funzionale. Sono domande che, credo, dicono molto sulle patologie e potrebbero aiutarci a superare lo stigma della malattia. Perché l’Huntington potrebbe anche essere il sintomo di funzionalità migliori che cercano di assestarsi nel cervello. Per il momento producono insuccessi evolutivi che dobbiamo fronteggiare, ma una migliore conoscenza dei fenomeni che guidano l’evoluzione sarà sicuramente utile per vincere la guerra contro questa malattia.