martedì 9 giugno 2015

La Stampa 9.6.15
“In Oriente siamo tornati indietro di oltre un secolo”
Il Grande imam di al Azhar: i movimenti armati stanno sfidando il pensiero islamico
di Francesca Paci


«In Occidente non sapete cosa stiamo attraversando, una fase di arretratezza che forse ci ha fatto tornare indietro di un secolo. È ora che parlino i saggi». Il Grande imam di al Azhar Ahmad al Tayyeb è a Firenze per l’iniziativa della Comunità di Sant’Egidio «Oriente e Occidente, dialoghi di civiltà». Capirsi è difficile, ammette il capo del «Vaticano» sunnita. Il paventato scontro di civiltà aggravato da quelli sciita-sunnita e intra-sunnita, la sfida del Califfato, il declino dell’islam politico di cui la crisi del modello «moderato» Erdogan è la sintesi.
Come legge il voto turco e il calo dell’Akp, partito inviso al Cairo per l’alleanza coi Fratelli Musulmani egiziani?
«Non faccio politica e sulla Turchia taccio, ma vi invito a guardare l’insieme. Viviamo un momento di grande tensione tra occidente e mondo islamico».
Nel Corano politica e religione si sovrappongono. Lei, l’icona della rivoluzione religiosa auspicata dal presidente al Sisi, pensa che la riforma dell’islam passi anche da una separazione tra politica e religione?
«Politica e religione utilizzano metodi diversi. La politica ha spesso degli interessi perché gestisce la cosa pubblica e deve fare concessioni. La religione si muove nella sfera dell’etica e sull’etica non si fanno concessioni. La religione è un baluardo, se la politica sbaglia strada ha il compito di richiamarla all’ordine».
L’uso che il Califfato fa della religione è una sfida ad al Azhar?
«Al Azhar non è un’autorità religiosa, ma un istituto di istruzione sotto il magistero e i principi dell’islam. Questi movimenti armati sono fuoriusciti dell’islam e sfidano pensiero e magistero islamico. Al Azhar combatte l’Isis. Non disponiamo di mezzi militari, politici o diplomatici ma scientifici, vogliamo armare i giovani di una lettura corretta dell’Islam. L’occidente deve capire la differenza tra gruppi armati e vero islam. Molto sangue è stato versato anche da altre religioni».
L’Isis tiene ostaggio l’islam, l’Arabia Saudita invece ne è il volto ufficiale. Si può parlare di riforma senza mettere in discussione le 1000 frustate e i 10 anni di galera a cui Riad ha condannato «l’apostata» Badawi?
«Non ne so abbastanza. Però sono qui e rispetto le leggi italiane, voi dovreste farlo con gli altri Paesi. Nel caso saudita c’è la sentenza di un tribunale per un reato, è la legge che si fa valere e non si tratta di violenza fuori dal quadro politico. Anche in Italia poi c’è chi giudica le pene inflitte dai tribunali violente e non giuste».
Dopo la barbara esecuzione del pilota giordano da parte dell’Isis lei parlò di un crimine da punire con la crocifissione. L’islam ufficiale che rifiuta la violenza non dovrebbe astenersi da un linguaggio così violento?
«Su quel punto ci fu un equivoco. Al Azhar non ha mai emesso condanne a morte. Ma nella sharia chi uccide o stupra le donne e infierisce sugli inermi va trattato da criminale. Poi decide chi governa. Tutte le leggi del mondo cercano di reprimere chi viola l’ordine, anche la Torah prevede misure repressive contro i criminali».
Molti, tra cui i Fratelli Musulmani, negano l’autorità di Al Azhar perché espressione del governo egiziano.
«Al Azhar è un’istituzione indipendente com’è scritto nella Costituzione. Io stesso sono autonomo e nessuno mi può rimuovere. Quando sentite accuse del genere contro di noi state sicuri che vengono dal gruppo che avete nominato».