martedì 9 giugno 2015

Corriere 9.6.15
Il fattore Kurdistan
Dall’ingresso nel Parlamento turco alla resistenza all’Isis in Iraq e Siria
Una nazione-chiave in Medio Oriente


Mai come in questi ultimi anni e mesi la questione curda è diventata allo stesso tempo lontana e vicina. Lontana perché le tragedie del Vicino Oriente hanno portato alle cronache una crisi che va oltre le storiche rivendicazioni curde; vicina perché mai come ora l’elemento curdo pare un fattore di stabilità politica nella regione.
Il successo dell’Hdp alle elezioni turche ha portato per la prima volta la rappresentanza curda all’interno della politica della Turchia, superando negazioni deliberate e ostinate, ma anche le contrapposizioni armate che avevano alimentato da una lato la repressione del governo e dall’altra l’epica del Pkk, il clandestino Partito dei lavoratori del Kurdistan, di quell’Ocalan che anni fa ha attraversato anche la storia italiana. Rivendicazioni e lotta politica e armata senza quartiere avevano condotto la questione curda su un binario morto, almeno fino a queste elezioni che aprono una nuova fase di partecipazione politica, per ora moderata rispetto ai tentativi autoritari di Erdogan.
Ma la stessa evoluzione appartiene anche alle altre regioni curde. Il Kurdistan iracheno, resistendo agli attacchi dell’Isis, vive attualmente in una condizione di autonomia che ha fatto dimenticare le persecuzioni di Saddam Hussein e ha dato una sostanziale stabilità alla regione. Dall’occupazione americana dell’Iraq, ha iniziato a intrecciare vari rapporti diplomatici staccandosi progressivamente dal controllo centrale con il beneplacito occidentale. Da più parti si indica o si teme che una proclamazione di indipendenza possa sollecitare progetti analoghi in altre regioni. La regione curda nel nord della Siria è, di fatto, indipendente dall’inizio della guerra civile ed è diventata famosa per la strenua difesa di Kobane. Anche qui la popolazione curda ha mostrato una forza di coesione inaspettata nel respingere gli attacchi dell’Isis, nonostante la neutralità turca.
Mai come ora, quindi, i curdi godono delle simpatie internazionali. Paiono improvvisamente un fattore di stabilità in una regione squassata da guerre civili e divisioni feroci. Eppure la loro storia nel ventesimo secolo è stata una serie di illusioni tramontate, effimere indipendenze e una frammentazione che ne ha fatto una popolazione senza nazione, divisa tra gli Stati usciti dalla dominazione coloniale e costruiti su mosaici confessionali ed etnici. Con un’estensione poco più grande dell’Italia, il territorio curdo percorre la regione settentrionale della Mesopotamia, tra Turchia, Iran e Iraq, e in parti più piccole anche Siria e Armenia. I curdi parlano dialetti diversi ma tutti appartenenti alla medesima famiglia iranica che nulla ha a che vedere con l’arabo. Ovunque hanno sopportato isolamento e negazione della loro stessa esistenza. Ma le loro stesse divisioni politiche hanno non poco contributo a indebolirne le rivendicazioni, almeno fino a queste ultime vicende.
Il Kurdistan è un esempio in piccolo della realtà del mondo musulmano: la popolazione è in maggioranza sunnita all’interno della quale ci sono minoranze sciite e cristiane, oltre a un’infinità di altre confessioni che riflettono la storia delle regioni in cui si trovano. Il fattore religioso è però sempre stato secondario rispetto alle rivendicazioni nazionali. I partiti e le forze associative non hanno subito la crescita dell’Islam politico del resto del mondo arabo e islamico. Salafismo e jihadismo hanno fatto scarsa breccia in realtà spesso rurali più attaccate alla tradizione. Lo stesso Hdp, nella campagna elettorale turca, ha parlato di un Islam democratico, più per blandire i curdi musulmani delle regioni più tradizionali che per rivendicare l’appartenenza islamica contro Erdogan.
La politica internazionale è estremamente prudente nei confronti delle rivendicazioni curde e assiste quasi con stupore a queste ultime evoluzioni. Alla stabilità del Kurdistan iracheno e alla resistenza di Kobane in Siria, ora si aggiunge la vittoria politica di Demirtas e dell’Hdp, che ha mostrato una moderazione e capacità di frenare le ambizioni di Erdogan senza eguali. Ad oggi i curdi paiono la popolazione musulmana della regione più coesa e unita. Forse non basterà a dare vita a una nazione curda, soprattutto per l’opposizione iraniana, ma certo, nel crollo delle nazioni del Vicino Oriente, questa potrebbe essere una tentazione neppure troppo azzardata.