La Stampa 3.6.15
Il caso De Luca e la mossa obbligata di Palazzo Chigi
di Marcello Sorgi
Pronunciato ieri in occasione della Festa della Repubblica, il monito di Mattarella ad uscire dalla tensione pre e post-elettorale, e a riprendere il confronto parlamentare sulle riforme, segnala la preoccupazione del Capo dello Stato per il clima pesante che s’è diffuso dopo il voto. Un’atmosfera avvelenata in cui rientra pienamente la querela per diffamazione presentata, come primo atto della sua presidenza, da De Luca contro la Bindi, che l’aveva incluso nella lista degli impresentabili a quarantott’ore dal voto, e ieri ha definito «infondata» l’iniziativa giudiziaria del neoeletto governatore della Campania.
In realtà De Luca sa bene di avere poco tempo a disposizione, prima che Renzi lo sospenda. Il suo caso non è isolato. Esistono precedenti in cui altri presidenti di regione sono stati sospesi anche con effetto retroattivo, per annullare ogni validità di atti compiuti dopo la condanna. Andò così, ad esempio, al governatore della Sicilia Cuffaro, dimessosi dopo la sentenza di primo grado che lo dichiarava colpevole di favoreggiamento mafioso, e tuttavia sospeso, e anche a quello del Molise Iorio.
Leggi che prevedono di esautorare dai propri compiti i presidenti di regione condannati esistono già dagli Anni 90. La Severino ha semplicemente rivisto l’elenco dei reati per cui la sospensione dev’essere comminata, aggiungendo, ad esempio, al peculato, il meno grave abuso di ufficio, in cui appunto De Luca è incappato, e che Bersani, parlando in sua difesa, ha definito «come una multa per un camionista». Stando alle norme vigenti De Luca quindi si avvia a uscire di scena, sia pure temporaneamente, ma senza aver la possibilità di nominare la giunta di governo e designare al suo posto un vicepresidente reggente per la sua assenza. Ogni sua eventuale mossa in questo senso dovrebbe infatti essere annullata da Renzi con effetto retroattivo. Tutto ciò, a meno che il premier non decida di intervenire con un decreto, che sarebbe ovviamente imbarazzante per il governo e solleverebbe le ire delle opposizioni, soprattutto di centrodestra, dato che Renzi, da segretario, decise di accelerare le procedure per la decadenza di Berlusconi dopo la condanna in Cassazione, e da presidente del Consiglio si muoverebbe in direzione opposta per salvare un presidente di Regione del suo partito. Né servirebbe, come qualcuno suggerisce, aspettare la sentenza della Corte Costituzionale sulla legge Severino: se la Consulta desse ragione a Berlusconi, infatti, anche De Luca sarebbe salvo; ma sai che vittoria, per il centrosinistra, dover reintegrare in Senato l’ex-Cavaliere!