martedì 2 giugno 2015

La Stampa 2.6.15
E con l’Italicum oggi sarebbe una sfida politica-antipolitica
di Cesare Martinetti


E se si fosse votato per le politiche? Primo partito Pd, secondo Cinque stelle. Nessuno dei due oltre il 40 per cento. Dunque, come previsto dall’Italicum, ballottaggio. Renzi contro Grillo; o meglio Renzi contro il candidato premier dei grillini che in questo momento sarebbe stato con ogni probabilità Luigi De Maio. Politica contro anti-politica? Partito classico contro partito liquido-partecipativo-digitale-virtuale? Diciamo politica tradizionale contro politica «nuova», sistema contro anti-sistema. Ma anche rottamatore contro rottamatori: il primo – Renzi – della vecchia gerarchia.
Il secondo – i grillini – dell’intero sistema politico, nelle sue forme e nei suoi uomini.
Fantapolitica? Sì. È sempre giusto premettere che un voto locale così parziale non si può proiettare banalmente sul nazionale, che solo dodici mesi fa le europee raccontavano tutta un’altra storia col Pd oltre il 40 e i Cinque Stelle dispersi. Però non si può fare a meno di cogliere dentro questo voto ligure da laboratorio politico una singolare rappresentazione di tutte le questioni del momento. Pd: la spinta propulsiva di Renzi rallenta e perde a sinistra. Berlusconi: apparente vittoria per l’affermazione di Toti, in realtà partito ai minimi che si salva solo grazie alla Lega. Salvini: è il vero vincitore (addirittura trionfatore in Veneto) ovunque, ma non in grado di contendere la premiership se non si impossessa di tutto il centrodestra. Cinque Stelle: ovunque secondo partito, come nel 2013, segno di un radicamento che si sta consolidando e di una politica riconosciuta. Altri, a cominciare da Alfano: non pervenuti.
L’Italicum, cioé il sistema elettorale con cui voteremo alle prossime politiche, è stato immaginato e costruito per recepire e consolidare un sistema tendenzialmente bipolare, dove fossero cioè due partiti a sfidarsi. Destra contro sinistra, nello schema classico. Berlusconi contro Renzi, nel sistema calato dentro la dimensione italiana che ha preso la forma (conservata fino all’elezione di Mattarella al Quirinale) del patto del Nazareno. Renzi immaginava cioè che l’avversario sarebbe stato ancora Berlusconi e quest’ultimo ha pensato di mimare la sfida, accreditandosi così come garante del sistema mettendo davanti all’interesse politico del centrodestra quello del suo potere privato (si chiama conflitto di interesse anche quando si è all’opposizione). Lo schema è ora saltato e il gioco politico da tripolare che era diventato nel 2013 con l’exploit grillino, viste le divisioni del centro destra, sta diventando tendenzialmente bipolare: Pd-Cinque stelle.
Proseguendo nel nostro percorso di fantapolitica arriviamo così al possibile ballottaggio per la sfida del governo, un inedito in Italia che però fa assomigliare tanto il sistema a quello francese, il più emblematico dei modelli a doppio turno. Là ci si sta preparando alle presidenziali 2017 dove si dà per scontato che Marine Le Pen sarà al ballottaggio e si scommette se a sfidarla sarà un Hollande redivivo o un Sarkozy rabbioso revanscista. Finora il riflesso repubblicano anti-Le Pen ha sempre funzionato portando elettori di sinistra a votare per la destra nel secondo turno e viceversa. Ma qui – pur considerando che tra Le Pen e i Cinque stelle non c’è parentela – per chi voterebbero i moderati delusi del primo turno? E il 50 per cento ormai cronico di astenuti, molti dei quali non vanno a votare in odio alla «politica», di fronte alla possibilità di ghigliottinare la politica tradizionale come si comporterebbero? Se la locomotiva Renzi perde velocità si aprono scenari imprevedibili. È già accaduto a Parma con l’elezione del sindaco grillino Pizzarotti; può succedere a Roma con l’elezione del «sindaco d’Italia».