lunedì 1 giugno 2015

La Stampa 1.6.15
Campesinos in rivolta per il canale “cinese” che taglia il Nicaragua
Il megaprogetto di Ortega minaccia l’ambiente
di Paolo Mastrolilli


Ha perso i capelli e la sua faccia è ingrassata, ma dai cartelloni politici che punteggiano la strada sulle rive del Lago Nicaragua Daniel Ortega sorride ancora al suo popolo, e lo invita a restare unito per costruire il futuro radioso che lo aspetta. Un elemento fondamentale di questo futuro radioso dovrebbe essere il canale per collegare il Mar dei Caraibi all’Oceano Pacifico, facendo concorrenza a Panama, ma uno dei problemi è che proprio il popolo sembra scettico. I campesinos, i pescatori, gli operatori turistici che si arrangiano a tirare avanti in qualche modo, cioè la base elettorale dell’ex leader sandinista, temono di non ricavarci un soldo e di perdere le loro fonti di sostentamento.
L’idea di costruire una via d’acqua attraverso il Nicaragua è vecchia di secoli, perché il grande lago che porta il nome del Paese, e il fiume San Juan, sembravano fatti apposta per realizzarla. Stavolta però il miliardario cinese Wang Jing ci si è messo sul serio, e ha convinto il presidente Ortega ad avviare il progetto, che dovrebbe costare 50 miliardi di dollari e richiedere cinque anni di lavoro. Secondo il governo questa impresa farà aumentare la crescita economica del Paese, dove molta gente vive ancora con un dollaro al giorno, dal 4,5% del 2013 al 14,6% del 2016. Secondo un articolo pubblicato su Nature dal professore tedesco Axel Meyer e dal collega nicaraguense Jorge Huete-Pérez, provocherà invece un disastro ambientale, che rovinerà una delle regioni più belle del Centramerica, distruggendo culture millenarie e centinaia di posti di lavoro.
Infatti dovrebbe tagliare la costa del Pacifico e dei Caraibi, nelle zone più turistiche, e poi attraversare il lago che fornisce acqua potabile e pesca a migliaia di abitanti. In più, per far salire la sua profondità dagli attuali 15 metri di media a oltre 27, bisognerebbe dragarlo, producendo detriti che rovinerebbero l’ambiente. L’equilibrio ambientale della magnifica isola di Ometepe, che sorge in mezzo al lago con due spettacolari coni vulcanici, sarebbe compromesso. Le acque salirebbero, minacciando di affogare un’altra straordinaria bellezza, cioè le circa 300 isolette che punteggiano la costa davanti alla città coloniale di Granada, dove i ricchi e famosi del Paese, tipo l’ex presidentessa Violeta Chamorro, hanno costruito le case per le vacanze.
Proteste e dubbi
Marcos, una ragazzo di 25 anni che studia marketing a Managua, non è convinto che valga la pena: «Ammesso che il canale si costruisca, e costi davvero 50 miliardi di dollari, gli unici che ci guadagneranno saranno i cinesi, Ortega, e gli imprenditori inclusi nel progetto. Il contrario di quello che ti aspetteresti da uno come lui, che aveva fatto la rivoluzione sandinista, e poi era tornato al potere per realizzare un socialismo moderato in favore della gente. Quale gente, i ricchi che riceveranno le commesse?». Marcos si è fatto due conti, con i suoi professori all’università: «Tanto per cominciare, è molto difficile che il costo resti 50 miliardi. Poi i cinesi avranno il canale in concessione almeno per i primi cinquant’anni, e quindi quando il Nicaragua comincerà a guadagnarci qualcosa, io probabilmente sarò morto. È vero che per costruirlo verranno creati posti di lavoro, ma saranno temporanei, perché alla fine resteranno solo quelli per la gestione e la manutenzione. In cambio, però, perderemo per sempre i posti di lavoro legati da secoli alla pesca, e quelli nuovi che stavano nascendo dalle attività turistiche».
Fine del turismo
Come quella del tassista Jorge, che ci preleva al confine con il Costa Rica per portarci a Granada, forse la città coloniale più bella dell’intera America Centrale. «Questa - dice Jorge - è la regione dove vengono i turisti. C’è la costa del Pacifico con le grandi spiagge e le onde, quella dei Caraibi col mare calmo e trasparente, la natura tropicale di Ometepe, i vulcani, le isletas nel lago Nicaragua. La gente continuerà a venire, quando invece della tranquillità incontaminata, troverà le enormi navi cargo delle rotte internazionali? E a quel punto io, che col canale non farò un soldo, dove andrò a finire? Qui già siamo poveri, e se non scoppia una rivolta contro Ortega è solo perché i Paesi vicini non ci permettono di fare un’altra guerra civile. Se ci mettono così in mezzo alla strada, però, cosa ci resta da fare?».
Se questo non bastasse, nel 2010 il Nicaragua ha provocato pure una disputa con il Costa Rica, quando ha occupato una zona di confine dell’isola Calero. L’ex comandante Edén Pastora, che aveva condotto l’operazione, l’aveva giustificata dicendo che secondo Google Maps quelle coste appartenevano al suo Paese. Lo scopo era controllare la foce del fiume San Juan, quando il progetto del canale non era ancora definito. Ora il percorso non dovrebbe più passare là, ma intanto la disputa è arrivata davanti alla Corte Internazionale di Giustizia, che si pronuncerà a breve. Tensioni interne e internazionali, quindi, per l’ex sandinista che fatica a costruire il futuro radioso promesso dalla propaganda sul ciglio delle strade.