martedì 16 giugno 2015

La Stampa 16.6.15
Quell’alleanza impossibile tra i democratici e i Cinque Stelle
di Marcello Sorgi


Le sconfitte a Venezia e in Veneto - le sole che Renzi abbia riconosciuto subito, chiamandole con il proprio nome -, e quelle ad Arezzo o Enna o Gela, dicono molte cose al centrosinistra, e non solo.
Renzi perde quasi ovunque - e qualche volta vince - con candidati non suoi: una battuta d’arresto nella cavalcata allegra e arrembante che lo aveva portato alla guida del Pd e del governo.
La resa generale, in via di principio, a primarie usurate, il compromesso a ogni costo con i ras locali forse non erano inevitabili. Ma per evitarli, ci voleva un partito, in cui discutere e fare le scelte migliori da proporre ai propri elettori; e per far funzionare un partito ci voleva chi se ne occupasse, Renzi stesso o qualcuno un po’ più forte di quelli che ci hanno provato e non ci sono riusciti.
Quanto alla minoranza Pd, perde, o fa perdere, con personaggi notabilari, diversi tra loro, certo (perché Casson battuto a Venezia non c’entra nulla con Crisafulli a Enna), ma incapaci di reggere il confronto con il ritorno di fiamma del centrodestra, sbadatamente dato per morto.
Invece la destra vince, dove vince, con i voti prevalentemente leghisti anti-euro e anti-immigrati di Salvini, e con candidati nuovi e normali che ricordano il personale politico della prima storica vittoria berlusconiana del ’94: come il Brugnaro di Mirano, imprenditore tipico prodotto del Nord-Est, uno che appena eletto ha detto e ripetuto che gli piace Renzi, e forse, viene da chiedersi, avrebbe potuto essere anche suo candidato, o almeno confrontarsi con un avversario più simile a lui, non con una vecchia gloria del «partito dei magistrati» che ha tentato inutilmente e fallito l’aggancio con il Movimento 5 stelle, come ha fatto anche Crocetta in Sicilia, giocandosi Gela che era stato il suo trampolino di lancio.
Almeno questo, gli strateghi dell’alleanza con i grillini dovrebbero averlo capito: l’intesa con M5s è impossibile, anche se non esclude, di tanto in tanto, incontri occasionali come quello sul Csm o sugli ecoreati, perché mai come in questo momento Grillo e i suoi, grazie al ballottaggio introdotto dall’Italicum anche per il governo del Paese, si sentono vicini alla grande partita per Palazzo Chigi.
Che arriverà, prima o poi, perfino più presto di quel che si pensi: Renzi, infatti, piuttosto che continuare a farsi rosolare, ha un’unica leva da muovere: le elezioni anticipate che la nuova legge elettorale ha messo nelle sue mani.